Sab. Lug 27th, 2024

Prendiamo il caso clinico dell’uomo dei topi (1909), un piccolo esempio per dimostrare la relazione che possiamo leggere in Freud e nella sua clinica fra montaggio pulsionale e atto analitico.

    L’uomo dei topi è cosi chiamato da Freud a partire dall’elemento rappresentativo intorno al quale si articola per questo soggetto il soddisfacimento pulsionale. I topi (ratten) compaiono nel racconto che il giovane ascolta dal capitano crudele e che riporta a Freud in una delle prime sedute. Freud non può non notare che in relazione a quell’episodio che ha scatenato l’angoscia dell’uomo dei topi si manifesta “l’orrore di un proprio piacere a lui stesso ignoto” . Qualcosa della pulsione costituita intorno all’oggetto anale si soddisfa in quella rappresentazione orribile e nel suo stesso raccontarla a Freud, nel transfert.

    Il lavoro interpretativo a partire dalle libere associazioni, mette in luce il fatto che i nessi linguistici correlati al termine Ratten producono delle equivalenze a livello degli oggetti attraverso i quali la pulsione si soddisfa: ne elenchiamo solo alcuni. Ratten si associa per il soggetto a Raren (rata) e dunque al danaro, ma anche a Spielratte ( giocatore d’azzardo) termine riferito a un debito contratto dal padre del paziente e mai pagato. Ratten rimanda anche al pericolo di infezioni che il paziente associa alla sifilide e alla prostituzione, da lui particolarmente aborrita, in cui entra in gioco il danaro (Raten). La parola rimanda anche a heiraten (sposarsi) e alla fiaba. La famiglia dei topi di Ibsen, richiamata dal paziente in cui appare un personaggio, il piccolo Eyolf, termine da cui si diparte un’ulteriore catena associativa: “piccolo”, infatti in tedesco è usato sia per il bambino che per il pene, termini questi a cui la stessa parola rimanda (Ratten).

    In questo intrigo di associazioni che, come ben vediamo, non sono lineari ma, come dice Freud, sovradeterminate, ciò che per il paziente si produce è la constatazione della variabilità dell’oggetto su cui la pulsione si appoggia per potersi soddisfare. Possiamo dire che l’uomo dei topi, a livello inconscio, topi, danaro, bambino, ecc. sono equivalenti.

    Inoltre sempre a partire dalla parola Ratten e dal racconto del capitano crudele, si produce un’ulteriore associazione, che rimanda dai topi che si infilano nell’ano evocati nel racconto del capitano, ai topi che mordono e infine al mordere del soggetto nella sua infanzia. La pulsione orale si trova correlata a quella anale, in una sorta di continuum in cui noi modificano gli oggetti e le zone erogene, ma il soddisfacimento si ripresenta. Ancora attraverso a un’inversione grammaticale. Il “mordere” e il “picchiare” dell’uomo dei topi si traducono nel suo contrario, “essere morso”, “essere picchiato”, che si ritualizza nel transfert tanto per far temere al soggetto che Freud, nelle sedute, sia pronto a picchiarlo.

Se nella cura Freud mette particolarmente rilievo, che ciò che si presenta nel transfert e che può essere cosi interpretato è la dimensione edipica di amore e rivalità con il padre, di cui il paziente può cogliere la portata proprio attraverso il ripresentarsi dei medesimi elementi che avevano caratterizzato la sua relazione al padre nella relazione con l’analista, nello stesso tempo dimostra come il sintomo abbia un duplice funzione di tenere lontano dalla coscienza la rappresentazione intorno alla quale la pulsione si manifesta, ma anche di riportarla continuamente in rilievo, consentendone un “soddisfacimento” sostitutivo”. Questo ripetersi di un soddisfacimento mortifero che l’interpretazione edipica non giunge a esaurire è ciò che Freud riprenderà più particolarmente in Al di là del principio di piacere (1920) e che chiamerà pulsione di morte.

Alessandro Nenna

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