Sab. Lug 27th, 2024

La vittoria di Alessandra Todde in Sardegna offre alcuni spunti di riflessione. Si tratta di elezioni regionali (e dunque è sempre azzardato estenderne il valore politico), e tuttavia la finora inarrestabile avanzata della destra a guida Meloni ha conosciuto una prima battuta d’arresto. Anzi, è proprio la Presidente del Consiglio la principale responsabile della sconfitta. Se è vero, come è vero, che il candidato del centrodestra è stato imposto da Meloni, preferendolo a Solinas (con grande irritazione della Lega, e assai probabile, in base ai dati, conseguente voto disgiunto dei leghisti della Sardegna), nonostante il bassissimo gradimento registrato tra i cagliaritani che lo avevano sperimentato come Sindaco. Una prova della regola che impone alla politica un movimento simile a un pendolo: non oscilla mai troppo a lungo verso la stessa parte.

Meloni ha partecipato, come è uso (assai discutibile, ma comune) tra i Presidenti del Consiglio, alla campagna elettorale in Sardegna, giocando tutte le sue carte in termini di ironia, sarcasmo, sberleffo verso gli avversari. È un fenomeno, tocca ripeterlo, assai comune negli ultimi anni o lustri (da Renzi a Conte). E tuttavia dovrebbe indurci a meditare: Presidenti del Consiglio, capi dell’esecutivo, che invece di dosare le proprie presenze, invece di esercitare un equilibrio se non proprio una equidistanza, usano gli appuntamenti elettorali locali come scudiscio, come accetta per usare il proprio potere, presente e futuro, contro gli avversari. Giustamente questa forma contemporanea di hybris è stata punita dagli elettori.

Un secondo tema riguarda l’astensione: oramai la consideriamo un dato acquisito. E tuttavia, specie dove si tratta di elezione diretta, non può non sollevare dubbi e persino paure. Se vota appena la metà degli aventi diritto, e quella metà si divide ulteriormente tra i candidati in corsa, e il candidato vincente prevale di decimi sul secondo, il sistema di elezione diretta fotografa ancora davvero la realtà, la volontà popolare? La legittimazione del Presidente (o del Sindaco) eletto è identica a quella che ricevevano i nostri rappresentanti istituzionali quando votava il 90% circa degli aventi diritto?

Ciò che le elezioni sarde sembrano confermare, almeno quando si discuta appunto di elezione diretta, è l’importanza del profilo del candidato. Il rapporto tra candidato Presidente e liste è capovolto tra centrodestra e centrosinistra. La Todde porta il centrosinistra alla vittoria, nonostante le sue liste siano più deboli. Al contrario Truzzu porta il centrodestra alla sconfitta, anche se le sue liste sono più forti. Vince il candidato vincente. Molti commenti di queste ore e di questi giorni sembrano aver colto questo dato, ma senza averne compreso il lato oscuro. Perché le simpatie e gli umori dell’elettorato, soprattutto quando si discute di persone (non di programmi, non di idee) sono difficili da interpretare, e volatili, volubili, imprevedibili.

E perché l’elezione diretta conduce, inevitabilmente, alla costruzione di candidature efficaci perché, in partenza, potenzialmente vincenti. È un problema? Lo è. Perché la politica dovrebbe essere, anche e soprattutto, costruzione di classe dirigente. E invece siamo tornati, non da ora, a destra e a sinistra, alla individuazione di candidati in base al CV (molti commenti sulle elezioni sarde sottolineano i titoli di studio di Todde), pescando dalla “società civile”, premiando percorsi extra-politici ed extra-partitici. Il rischio, forse più che un rischio, è il ritorno alla politica dei notabili: un’era che i partiti di massa avevano per fortuna archiviato, o almeno così sembrava.

 C’è infine una questione tutta interna al centrosinistra. Le elezioni sarde consegnano una vittoria a una alleanza composta da PD, M5S e Verdi-Sinistra Italiana, con a capo una candidata pentastellata. Renzi, Calenda e Bonino erano invece con Soru. È facile profezia immaginare che il risultato produrrà discussioni intorno a questo modello, sia da parte di chi ha vinto, sia da parte di chi ne è rimasto fuori. Il centrosinistra è ancora in cerca di identità. No potho reposare, recita una bellissima, struggente canzone sarda. Non c’è da riposarsi, né rilassarsi, per il centrosinistra: le elezioni europee, con un diverso, completamente diverso, sistema elettorale, sono alle porte. E nella storia politica italiana, più o meno recente, le Europee sono state spesso un vero e proprio spartiacque.

Alessandro Porcelluzzi

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