Mer. Nov 6th, 2024

La macchina dei lavori parlamentari è ripartita il 13 Ottobre. Le aule della Camera e del Senato sono apparse, viste in TV, spoglie, quasi mutilate: a causa riduzione del numero dei parlamentari sembrano, e sembreranno sempre d’ora in poi, semivuote, anche se non vi sono quasi assenti.

Il risultato di queste prime giornate è stato l’elezione di Ignazio La Russa a Presidente del Senato e Lorenzo Fontana a Presidente della Camera.

Come accade sempre in queste occasioni (e probabilmente è comprensibile), grande attenzione è stata dedicata ai profili dei due neoeletti presidenti. La Russa e Fontana sono ritenuti, da una larga parte della stampa progressista, due tipici esponenti della destra radicale. E dunque, basta scorrere la rassegna stampa, sui due neo presidenti di assemblea e sui loro pregressi, su episodi e dichiarazioni eclatanti, per avere un quadro abbastanza chiaro, ma per nulla nuovo, di un certo grado di polarizzazione del dibattito e del confronto politico.

Eppure non è questa la notizia del giorno o della settimana. Il Parlamento ha una propria e autonoma dinamica di funzionamento. Per comprendere ciò che è avvenuto nelle scorse ore, negli scorsi giorni, bisogna abbandonare l’ossessione per i nomi e per il loro posizionarsi (anche a favore di riflettori). Dunque non è particolarmente rilevante, nella dinamica della Camera e del Senato, che si sia giunti a La Russa e a Fontana, ma cosa sia accaduto per condurre a questo esito. E poi provare a immaginare se questa prima tappa potrà condizionare (e quanto e come) le prossime tappe di questa legislatura.

Forza Italia è l’enigma vero di questo momento. Come noto, non ha votato per La Russa come presidente del Senato. Poco prima del voto La Russa e Berlusconi hanno avuto uno scambio teso, al termine del quale Berlusconi (sul labiale ci sono pochi dubbi) ha mandato a quel paese La Russa. Poiché Berlusconi, unico di Forza Italia assieme a Casellati, ha poi votato La Russa, pare di capire che la discussione, così come la non partecipazione al voto della pattuglia azzurra, fosse legata ad altro, ovvero alla composizione del governo a venire. Berlusconi non vuole veti: secondo alcuni questo significa cercare un ruolo per Ronzulli; sicuramente Berlusconi non vuole che alle caselle assegnate a Forza Italia altri assegnino un nome e un cognome diversi da quelli che come leader ha in mente. Forza Italia dunque in posizione critica: difficile dire se sarà solo un malumore o un mal di pancia passeggero. O se invece questo malessere prepari una futura e lunga guerra interna di logoramento. Senza dubbio giovedì si è aperta una crepa. In cui si sono infilati immediatamente dei “responsabili”: La Russa è stato eletto, nonostante la defezione di Forza Italia, grazie al soccorso di 18-19 voti dell’opposizione. Su questo tema tutti accusano tutti gli altri. Anche se lo scopo di chi ha votato La Russa, invece che scheda bianca, era abbastanza chiaro, ed è stato raggiunto: sottolineare la prima frattura nella coalizione che ha vinto le elezioni. Un divertissement, una pratica tipica da guerriglia parlamentare. Che è stato reso possibile dalla assenza di un candidato di bandiera unitario delle opposizioni. Probabilmente in Senato c’era un forte timore a contarsi. Al Senato dunque le opposizioni non ci hanno nemmeno provato, votando invece scheda bianca. Alla Camera (dove il centrodestra ha ritrovato unità) le opposizioni si sono (ri)divise nei tre tronconi delle elezioni: PD (con +Europa e Sinistra italiana/Verdi) ha votato Guerra, il M5S de Raho e Azione/Italia viva Richetti.

È solo una prima tappa, come si diceva in precedenza. E tuttavia è un segnale. In queste prime giornate della nuova legislatura la coalizione sembra voler premiare e mettere in primo piano i segmenti più identitari, più radicali della propria compagine e rappresentanza. Se dovesse accadere, in parte o del tutto, anche nella composizione del Governo, ciò significherebbe una scelta precisa da parte di Giorgia Meloni. Marcare sull’identità e sulla collocazione, se da un lato renderebbe assai riconoscibile per i propri elettori e supporter il governo che sta per nascere, dall’altro potrebbe significare il rischio di uno scivolamento delle componenti più moderate (idealmente legate al Partito popolare europeo, o con forti richiami al pensiero liberale classico) fuori dal perimetro della coalizione. Per dirla in modo brutale: Berlusconi (e con lui o dopo di lui Forza Italia) potrebbe valutare (non subito, non nel breve periodo, certamente) una convergenza con le forze politiche che sono, in questa legislatura, al centro del Parlamento. Per il momento intanto tutti sembrano impegnati a costruire una strategia per trattenere all’interno e motivare e rimotivare i propri eletti. Sarà una lunga partita e ogni esito è possibile.

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