Mar. Ott 8th, 2024

Manca poco: tra dieci giorni si vota, tra poco più di una settimana si concluderà la campagna elettorale. Da alcuni giorni, come previsto dalla norma, è vietato diffondere (ulteriori sondaggi). Non servono sondaggi per interpretare le tendenze, le linee di condotta, i modelli di leadership di questo momento e di questo periodo. Come abbiamo già scritto su queste pagine, Enrico Letta ha fin dall’inizio puntato a una polarizzazione del dibattito. Il faccia a faccia con Giorgia Meloni di qualche sera fa ne ha dato dimostrazione plastica: entrambi hanno prese le distanze dai propri alleati di coalizione. Letta dal duo Fratoianni/Bonelli, Meloni da Salvini. Secondo le regole della logica ciò configura un assurdo, o almeno un dilemma. Perché o quegli alleati, a seconda di chi ottenga la maggioranza, saranno partner di governo, e allora non si capisce perché prenderne le distanze; o sono ritenuti inaffidabili, e allora la coalizione elettorale è semplicemente un espediente numerico, probabilistico. In ogni caso l’onere della risposta, la soluzione all’indovinello, con uno stupefacente gioco di prestigio, è consegnato agli elettori, e mai ai leader di partito, che pure, con una legge elettorale siffatta, sono dominatori assoluti del quadro politico.

Ciò che risulta assurdo da un punto di vista logico, è tuttavia facilmente comprensibile come tattica pura. Meloni e Letta hanno un obiettivo comune, al di là della contrapposizione: risucchiare nella propria orbita tutto il materiale (dal personale politico agli elettori) che gravita, rispettivamente, nel centrodestra e nel centrosinistra. O almeno: quanto più materiale possibile. In questo senso è possibile, forse persino probabile, che la loro condotta risulti premiata nelle urne. E se da un lato entrambi prendono le distanze dai propri alleati, dall’altra (ciò vale sicuramente per Letta, ma in misura minore anche per Meloni) socchiudono la porta a future alleanze, a perimetri più ampi, a coalizioni larghe o allargate. Tra l’altro, e su questo dobbiamo fidarci degli ultimi sondaggi consentiti, il terzo polo di Renzi e Calenda e il M5S a guida Conte sembrano svolgere un ruolo funzionale al progetto descritto. Nel senso che il Terzo polo succhia, dal centro, consensi a Forza Italia e alla Lega, mentre il M5S sottrae consensi nell’area di sinistra a sinistra del PD. Ergo compiono, dall’esterno, la stessa opera di semplificazione a vantaggio dell’attore più forte ricercata da Fratelli d’Italia a destra e dal PD a sinistra. E se i numeri, sulla carta, sono tutti a favore di Meloni, di Fratelli d’Italia, la vera scommessa, quella su cui si sta giocando la vera partita, è quella della tenuta di un governo di centrodestra. Se Letta e il PD puntano, con tutta evidenza, alla caduta in pochi mesi di questo futuro governo Meloni, e alla sostituzione con una nuova versione di governo tecnico, Meloni sembra invece pronta ad allargare la propria maggioranza, se dovesse essere necessario. Vero o presunto queen-maker Guido Crosetto, che su posizioni moderate e/o istituzionali si è guadagnato simpatie e buona stampa.

Perché alla fine, in Italia, le partite non si vincono andando a destra, a sinistra, o al centro. Le partite si vincono preparando la trasformazione degli avversari, pure temibili, in alleati, sempre preziosi.  

Alessandro Porcelluzzi

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