Mer. Nov 6th, 2024

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto
Gracias a la vida que me ha dado tanto

Mi ha dato due stelle che quando le apro
Me dio dos luceros que cuando los abro

Distinguo perfettamente il nero dal bianco
Perfecto distingo lo negro del blanco

E nel cielo alto il suo sfondo stellato
Y en el alto cielo su fondo estrellado

E tra la folla l’uomo che amo
Y en las multitudes el hombre que yo amo

Questi versi sono tratti dalla famosa canzone “Gracias a la vida”, composta e interpretata dall’artista cilena Violeta Parra, una delle voci cilene più potenti e significative. Nata a San Carlos de Chillàn nel 1917, ha un’infanzia segnata dalla povertà. Il padre è un professore di musica, costretto sempre a spostarsi con la famiglia alla ricerca di un lavoro stabile, e la madre, dona Clarisa, è una donna semplice di origini contadine. Sarà la madre che come modista riuscirà a mandare avanti la famiglia dopo la morte del marito, caduto in depressione e alcolizzato.

Una vita di stenti che però unisce ancor di più questa famiglia che non si lascia sopraffare , ma trova la forza per reagire alla cattiva sorte. Il fratello maggiore e futuro poeta, Nicador Parra, dà lezioni private, mentre gli altri si arrangiano come lavapiatti o con la pulizia delle tombe al cimitero. Violeta e la sorella Hilda si dedicano alla musica e giovanissime si esibiscono sui treni, nei mercati e per le strade. Presto Violeta capirà che la musica è il suo destino e a quindici anni raggiungerà il fratello a Santiago.

Donna dal grande temperamento, passionale e libera, trascorre gran parte della sua vita alla ricerca delle radici musicali del suo popolo. Vuole raccogliere direttamente tutto quel patrimonio di canzoni popolari che stanno per scomparire dalla memoria collettiva e allora, insieme ai suoi figli, Angel e Isabel, avuti dal matrimonio, poi finito, con Luis Alfonso Cereceda  Arenas,  percorre il Paese con quaderni, penne e registratore. Man mano che entra sempre più a fondo nelle sue radici, diventa lei stessa essenziale. Minuta, vestita semplicemente e coi lunghi capelli  sul viso, suona e canta da sola.

La Parra usa i suoi versi come strumento di denuncia. Un mezzo di riscatto per le classi più deboli, per valorizzarne vita e storia.

Dirà:

Io canto al modo di Chillan

se ho da dire qualcosa

e non prendo la chitarra

per ottenere l’applauso.

Io canto la differenza

che c’è tra il vero e il falso

altrimenti, non canto.

Il suo impegno civile e il suo grande talento la metteranno in luce tanto che lo stesso Pablo Neruda  che la chiama “Santa di pura argilla” le dedica la poesia ”Elegia para cantar:

Oh che modo di cadere

e di essere sempiterna, questa donna!

Di cielo in cielo corri o nuota o canta

ciò che era, è ancora,

ma questa donna sola

la viola terrestre:

nella sua ascesa non sale da sola:

accompagnata dalla luce della melissa,

dell’oro riccio della cipolla fritta,

i migliori uccelli la accompagnano,

Chillán la accompagna in movimento.

Santa di pura argilla!

La Parra Tiene concerti in diverse università come esperta di musica folkloristica e ottiene molti riconoscimenti. Nel 1955 è in Polonia dove viene premiata come la migliore folklorista dell’anno e da qui andrà a Parigi dove inizia a lavorare nel locale notturno L’Escale. Nella Fonoteca Nazionale della Sorbonne registrerà Cantos del Chile, musiche e canzoni della sua terra.

Tornata a Santiago, scriverà Decimas  Autobiograficas, un poema sulla tradizione orale ispanoamericana. Alle arti plastiche si avvicinerà nel 1959, quando un’epatite la costringe a letto, per cui inizia a tessere arazzi in juta, a dipingere e a fare sculture. Dirà:

 “ Gli arazzi sono come canzoni dipinte. Mi sforzo per mostrare negli arazzi la canzone cilena, le leggende, la vita della gente”.

Le sue opere saranno esposte a Parigi al Museo delle Arti Decorative nel 1964.

Il suo progetto più ambizioso è quello di creare alle porte di Santiago un grande Centro d’Arte Popolare, per accogliere e diffondere il meglio del folklore latinoamericano.

Il grande tendone, La Carpa della Reina, sarà inaugurato nel 1965. Lo stesso mese Gilbert Fravé, il musicologo svizzero con il quale ha stretto un forte legame artistico e affettivo, parte per la Bolivia definitivamente.

Per lui scriverà El amor:

Entrai nel garofano dell’amore,

accecata dai suoi colori

mi presero i fulgori

di un fiore così tanto amato.

Fiera della mia passione

Lasciò una ferita sanguinante

Che piango con grande commozione

Nell’orto dell’oblio

Il fiore non mi si schiude

Quante lacrime perse!

Non si risparmia. Impegno, passione, delusione e lotta minano la sua esistenza.

Forte, ma fragile nello stesso tempo, sarà sopraffatta dalla depressione e il 5 febbraio del 1967 si toglierà la vita con un colpo di pistola.

 Il suo Gracias a la vida è considerato il suo testamento spirituale.

Il suo canto, la potenza delle sue parole piene di dolore, amore, gratitudine nonostante la fatica del vivere, ha trovato interpreti in tutto il mondo da Mercedes Sosa  a Joan Baez, dagli Inti- Illimani a Herbert Pagani.

Gracias Violeta

Anna Bruna Gigliotti

2 pensiero su “Los Pachamama”

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