Sab. Lug 27th, 2024

Dopo “A sorte”, “Bambini” e “Correzioni”, il nostro Alfabeto della Crisi approda alla “D” di “Disprezzo”

… in continuità con l’articolo precedente, dove si affermava che i tempi attuali non sono quelli della delusione e del disincanto (il ripiegare su se stessi, nella convinzione che il mondo non giri come vogliamo … e ci mancherebbe …), ma quelli della frustrazione, nonché dell’espressione “arrabbiata”, o quantomeno “risentita”, della frustrazione stessa. Espressione tipica: correggere gli errori di grammatica allo/a scrivente (laddove per “scrivente” si intende preferibilmente chi, su Facebook o altro Social, formuli un’opinione a noi sgradita, o commenti in modo sgradevole e/o sgradito un nostro Post).

La nostra “D” odierna pertanto si triplica! D-elusione e D-isincanto (stati d’animo melanconici) minoritari, D-isprezzo (stato d’animo tipicamente aggressivo, derivante spesso da frustrazione) maggioritario. E correggere gli errori di grammatica (altri altri, of course) è manifestazione ricorrente, ma, ovviamente, non è l’unica, giacché si può irridere attraverso soprannomi, insulti forbiti, vignette, addirittura finta comprensione (“beato/a te che ti puoi permettere, basandoti evidentemente sulla tua esperienza, di pensare che …”; ma su cos’altro potrebbe basarsi l’ipocrita che formula frasi come questa, se non, egli stesso, sulla propria esperienza?, o dispone invece di un “serbatoio personale” di dati e verità?).

Insomma, tutto il campionario che oramai ben conosciamo, e che è stato codificato con successo attraverso il termine “haters”:

https://www.radiomontecarlo.net/news/tech-web-social/183930/-Haters—chi-sono.html .

Si tratta pertanto di un “odio immotivato”, che si esprime con la provocazione gratuita e con il “disprezzo” (e quindi ritorniamo al punto di partenza) …

… giacché l’odio “motivato” (“hate” significa “odio”, in generale, e quindi, suppongo, sia “motivato” che “immotivato”; al limite, “astio”), pur non contribuendo generalmente al benessere dell’Umanità, si basa su un qualche elemento culturale:

https://it.wikipedia.org/wiki/L%27odio ;

http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=519 .

 

Insomma: viene da dire che “odio motivato”, “odio immotivato”, “astio”, “provocazione” e “disprezzo”, pur essendo reciprocamente differenti, possano essere esaminate dentro una “costellazione comune” (proprio per coglierne le differenze), in quanto reciprocamente “imparentati” (per dirla alla-Wittgenstein):

http://www.filosofico.net/witteg9.htm .

Non chiariremo i rapporti entro questa “costellazione” (o “famiglia”), ricorrendo al vocabolario, all’etimologia, o alla logica. E neppure il neologismo-trendy (“haters”) sembra illuminare il fenomeno (e i fenomeni) più di tanto. Ma forse un contributo può essere dato dalla Letteratura (Moravia) e dal Cinema (Godard):

https://www.criticaletteraria.org/2012/02/il-disprezzo-di-moravia-invito-alla.html .

O forse stiamo solamente creando una complessità ulteriore: il romanzo (“Il Disprezzo”, 1954) ed il film (“Le Mépris”, 1963, fedele, ma non troppo, al libro) introducono infatti un interrogativo che risente dell’influenza “esistenzialistica” di Sartre e di Camus, ovvero il dubbio che il disprezzo “ricevuto” possa anche essere “meritato” (!), e che il ricevente non ri-conosca tale “fondatezza”, perché in realtà non si conosce sufficientemente.

Tempi passati, o così sembra. Oggi ci si fa forti spesso proprio di questa precaria conoscenza, per concludere abbreviativamente che DEGNI DI DISPREZZO SONO SOLAMENTE GLI ALTRI.

 

Gianfranco Domizi

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *