Gio. Mar 28th, 2024

 Per la rubrica DiverseMenti-Sociali, www.lintelligente.it  ha intervistato Donato Ungaro (ex vigile urbano e collega giornalista pubblicista), licenziato dal comune di Brescello dopo aver pubblicato articoli che denunciavano una possibile collisione di stampo mafioso tra Ndrangheta e Istituzioni.

“La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.” Diceva Paolo Borsellino. Contrapporsi al puzzo del compromesso è molto difficile, mette a rischio noi, le sicurezze che ci siamo guadagnati, le nostre famiglie e la nostra incolumità. Uscire dall’indifferenza poi, può esporci al biasimo sociale e può spingere le Istituzioni corrotte a toglierci tutto, perfino la possibilità di lavorare. Ecco il motivo per cui la complicità mafiosa vissuta attraverso la passività, era un tema molto caro al “Maestro” di vita Paolo Borsellino.

Se “stare nel giusto” valesse davvero l’approvazione generale, allora sarebbe tutto più facile e la mafia verrebbe eradicata in pochissimo tempo. Su questa tematica www.lintelligente.it ha intervistato un ex vigile, oggi scrittore e giornalista, licenziato dal comune di Brescello solo perché aveva fatto il suo dovere sia come poliziotto locale, sia come giornalista pubblicista.

1)   Donato Ungaro sarebbe così gentile da spiegarci in breve la sua storia?

La mia è una “storia” semplice.

Nel 2001 chiedo al sindaco Ermes Coffrini l’autorizzazione a collaborare con la Gazzetta di Reggio; la ottengo “de facto” e tutto va bene, finché non tocco argomenti che non piacciono all’amministrazione brescellese. Inizia un procedimento disciplinare nei miei confronti, fino ad arrivare al licenziamento; mi si accusava di avere un “secondo lavoro” e di aver fatto venir meno il rapporto di fiducia con il mio datore di lavoro. Ma il Comune di Brescello non è riuscito a sostenere queste teorie davanti al Tribunale di Reggio Emilia, alla Corte d’Appello di Bologna e alla Corte di Cassazione a Roma. E il mio licenziamento è stato dichiarato illegittimo in tutti e tre i gradi di giudizio. Probabilmente, il vero motivo del mio licenziamento è che venivo ritenuto responsabile di aver fatto “saltare” la costruzione di una centrale elettrica a Brescello, di aver indagato sulle escavazioni abusive di sabbia, di aver scritto articoli su ritorsioni legate al traffico di stupefacenti, mettendo in cattiva luce la comunità di Brescello. Ma il paese di Peppone e don Camillo doveva rimanere un’isola felice e, proprio come in un set cinematografico, molte realtà dovevano restare sommerse. Dire che c’erano rapporti imbarazzanti tra la politica, il mondo imprenditoriale e realtà vicine all’ambiente criminale, era fuori coro, specialmente per un dipendente comunale. Pertanto nel novembre 2002 il sindaco Coffrini mi ha licenziato.

2)   Cosa ha provato, lei che è un cittadino integerrimo, quando è stato licenziato dal Comune di Brescello solo perché si era accorto di queste “pratiche anomale” da parte di Istituzioni?

I sentimenti sono stati tanti e di diversa natura: rabbia, incredulità, ma soprattutto sgomento per la solitudine in cui sono stato fatto sprofondare. La constatazione di non essere né creduto, né compreso, mi ha tormentato. Ma come è possibile che nonostante l’evidenza, nessuno voleva rendersi conto che il “malaffare” giorno dopo giorno stava prendendo piede e posizioni? Oggi qualcosa è cambiato, ma siamo ancora ben lontani dal risolvere il problema; manca una politica giusta, quella che deve fare prima di tutto i conti col proprio passato.

3)   Ha mai temuto di finire per strada senza lavoro e senza possibilità alcuna di trovare un’altra occupazione?

Se l’avessi temuto, mi sarei adeguato; lo ritenevo ingiusto e ingiustificabile. Per questo, quando sono stato minacciato di licenziamento, ho messo sulla bilancia del cuore l’amore per la Giustizia e i miei interessi privati, l’amore per la giustizia era più grande. Ho dovuto aspettare quindici anni; adesso tutti mi dicono che quella scelta è stata giusta. Ma io lo sapevo già, nel 2002.

4)  Come è stata condizionata la sua vita sociale e privata dopo che ha ricevuto questo abuso istituzionale?

La vita della gente di paese è condizionata dal modo di vivere dei singoli e io ero stato licenziato da una pubblica amministrazione. Mi sembra che nessuno, nel 2002, si sia stracciato le vesti per il mio licenziamento. Nessun giornale mi ha assunto; anzi, nel 2005 la Gazzetta di Reggio mi ha chiuso anche la collaborazione che rappresentava per me uno dei pochi mezzi di sostentamento. Oggi è diverso e i giornalisti minacciati di violenze vengono “presi in carico” dalle redazioni; ma subire un licenziamento ingiusto, non è una violenza? Oggi guido gli autobus a Bologna, ma mi chiamano istituzioni e forze di polizia per conoscere particolari della Brescello dei primi anni 2000; e allora, mi chiedo, non potevo scrivere quei particolari sui giornali, come giornalista assunto in una redazione? Chi ci ha perso: io o i giornali? O i cittadini? Sicuramente, dal mio silenzio qualcuno ci ha guadagnato.

5) Qual è stato il destino della giunta che ti ha licenziato?

La giunta di Ermes Coffrini ha portato a termine il suo mandato e subito dopo un assessore di Coffrini, Giuseppe Vezzani, è diventato sindaco, arrivando a nominare il figlio dell’ex sindaco Marcello Coffrini alla carica di assessore. Al termine dei due mandati di legge, Vezzani si è ritirato, lasciando la fascia tricolore a Marcello Coffrini; ma il figlio di Ermes l’ha indossata per poco tempo. Dopo le sue parole benevole verso Francesco Grande Aracri, con cui la famiglia Coffrini aveva rapporti professionali, si è insediata a Brescello una Commissione d’accesso, per verificare se i Grande Aracri – riconosciuti in diversi processi come una famiglia di ‘ndrangheta – avessero condizionato la vita amministrativa del Comune di Brescello. Nell’aprile del 2016, il Presidente della Repubblica ha “sciolto” il consiglio comunale di Brescello per «…forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività comunale…».

6) Il Tribunale di Reggio Emilia ha condannato la controparte (comune di Brescello) a un risarcimento riguardevole, non le dispiace che quella somma di denaro che le sarà erogata proviene dai tributi della comunità, cioè dalle tasche degli onesti cittadini, invece che essere prelevate degli incauti amministratori comunali che l’hanno licenziato?

Devo essere sincero: un po’ mi dispiace, ma qualcuno mi ha fatto notare che quegli amministratori sono stati eletti dai cittadini. Vedremo cosa succederà nella prossima primavera, quando i brescellesi saranno chiamati a eleggere i nuovi amministratori, dopo due anni di Commissariamento. Se vorranno, i nuovi amministratori potranno chieder conto a coloro che hanno determinato il danno economico al paese. Se invece gli elettori chiameranno a rappresentarli persone che non hanno intenzione di rivolgersi alla Giustizia per recuperare quei quattrini, non potranno certo lamentarsi di quanto è successo. “Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”.

7) Qual è la cosa che l’ha fatta soffrire di più di questa drammatica e al tempo stesso inquietante storia?

La cosa che mi va meno giù è che il 28 maggio 2013 la giunta Vezzani ha deliberato il mio reintegro, fissando la data di ripresa del servizio da parte mia per il 10 giugno successivo. L’articolo 18 prevede che il lavoratore abbia trenta giorni di tempo per riprendere servizio; e ditemi voi se dal 28 maggio al 10 giugno ci sono i trenta giorni previsti dalla legge. Ho fatto presente la grave anomalia ai Commissari che attualmente governano Brescello, ma questi si rifiutano di dichiarare illegittima quella delibera. È come se fossi stato licenziato per una seconda volta.

-Lavorare per le Istituzioni dovrebbe essere prima di tutto un patto di coscienza che ogni dipendente dovrebbe fare con sé stesso e non un’opportunità per ottenere dei vantaggi, delinquere o arricchirsi.-  Detto questo non mi resta che concludere invitando tutti gli incaricati delle varie Istituzioni a fare una riflessione, la stessa che Paolo Borsellino faceva sistematicamente:

A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato.”

 

 

 

Antimo Pappadia