Sab. Lug 27th, 2024

Fra tante belli cose c’ha criato

‘o Padreterno ‘ncopp’ a chesta terra,

na cosa ha fatto che nce s’è spassato:

immiez’ a nu golfo nu pezzullo ‘e terra.

E ‘ncoppa a chesta terra profumata,

c’addora ‘e pace e regna na quieta,

chest’isola da tutte decantata,

te ce ha piazzato pure na pineta.

Ischia, paraviso ‘e giuventù ,

Ischia, chistu mare è sempre blu!

Chistu cielo ch’è n’incanto,

chistu golfo ch’è nu vanto

chesto ‘o tiene sulo tu!

Sti bellizze songhe ‘o vero!

Chesto ‘o dice ‘o forestiero,

ca scurdà nun te pò cchiù .

Queste due strofe appartengono alla canzone “ Ischia mia”, conosciuta anche come  “Ischia paradiso  ‘e gioventù”, scritta da Totò nel 1952 durante un suo soggiorno sull’isola.

Qui il principe Antonio de Curtis esprime tutta la sua ammirazione per un’isola di notevole bellezza, ma anche- ahimè- di altrettanta notevole fragilità.

A conferma di ciò, i tragici eventi di questi giorni: un terribile nubifragio che, tra venerdì 25 e sabato 26, si è abbattuto sull’isola, provocando frane e allagamenti nella località di Casamicciola.  Dal  monte Epomeo,  il terreno, che è di origine vulcanica, ha ceduto provocando una valanga che, con terribile colata di fango, ha travolto tutto ciò che trovava sul suo percorso: alberi, case, macchine. Una tragedia di enormi proporzioni che ha causato vittime e dispersi.

Un’isola in ginocchio.

Ischia, che dalle parole della canzone “addora e pace e regna na quieta”, ora risuona di altro silenzio, quello del dolore.

L’isola è fragile perché ricoperta in superficie di materiale magmatico  poco consolidato per cui, quando piove tanto, può franare. Tutto il golfo di Napoli ha origine vulcanica e Ischia rappresenta la parte sommitale di un cono eruttivo  che si trova a 900 metri di profondità sotto il livello del mare. Il monte Epomeo  in verità è  un blocco di tufo verde fuoriuscito dalla profondità della terra circa 55.000 anni fa.

Questa estate ho soggiornato per qualche giorno a Lacco Ameno, vicino a Casamicciola, e ho avuto la fortuna di scambiare due chiacchiere con un simpatico signore che mi ha raccontato aneddoti e leggende di questi magnifici, magici luoghi.

Con fare circospetto, quasi a volermi svelare un segreto ai più sconosciuto, mi ha raccontato del regno di Agartha. Una porta, sita sul monte Epomeo, permette l’accesso alla mitica terra cava o terra interna del regno di Agartha. 

Anche nel Medioevo si raccontava di una misteriosa città sotterranea protetta da guardiani fatti di aria. In tempi più recenti, anche i Nazisti avrebbero cercato l’entrata del tunnel sull’Epomeo.

Pare che Hitler, ossessionato dall’esoterismo e dai miti di civiltà antiche,  ne abbia avviato la ricerca, facendo ispezionare la Grotta del Mago, sede antica di un culto solare.

Ogni tanto il mio affabile narratore sorrideva, lisciandosi la barba bianca, e finiva col trarre le sue personali conclusioni che, al di là delle credenze popolari, di tutto rispetto, potevano avere per lui una sola spiegazione: esistevano dei cunicoli naturali o creati dall’uomo che servivano da collegamento con altre località.

Alla mia domanda un po’ ingenua su chi potesse aver utilizzato questi passaggi e a che scopo, mi rispondeva alzando un sopracciglio :

– Mah, ancora non si sa, mia gentile signora, forse come basi militari o persino da Ufo, la cui presenza è provata, pare, da numerosi avvistamenti-

Insomma, un mistero ancora tutto da svelare.

Oggi, vedere le immagini drammatiche della frana che è arrivata al mare, mi si stringe il cuore e nella mia mente si sovrappongono ricordi di lunghe passeggiate sul lungomare, a spiare nelle vetrine per riempirmi gli occhi dei colori delle ceramiche ischitane.

Prima della mia partenza, come faccio sempre, ho preso qualche ricordino. Qualcosa che nel tempo possa parlarmi con dolce nostalgia dei luoghi visitati.

Il mio sguardo si è posato su una piccola statuetta in ceramica, dal nome popolare  di  “Pacchianella”, che portava legata con un nastrino, stretto intorno al  vita, un rotolino di pergamena. E’ inutile dire che ne fui attratta: svelarne il contenuto per me era assolutamente necessario. Entrai in bottega e la comprai subito.

Sul foglietto c’era trascritta una leggenda del posto. Un piccolo tesoro da portare via con me:

“Pacchianella, contadina di Santa Maria al monte, figlia di un pastore buono e bravo e timorato di Dio.  Pacchianella rimase sola perché il papà, ormai vecchio, morì in una notte di settembre.

Il pastore buono andò in sogno a Pacchianella, dicendole di portare in salvo gli abitanti e gli animali del piccolo borgo, nella grotta sull’eremo di San Nicola (Monte Epomeo ) perché sarebbe arrivato un nubifragio.

Pacchianella così fece, corse vicino alla piccola chiesa e cominciò a scampanare,  portando in salvo tutti. Da allora Pacchianella è diventata simbolo di Ischia e di buon augurio da tenere in casa.

(Tratto da una antica ricerca , scoperta da …R.D.S.”)

Leggo e rileggo il racconto e sospiro tristemente, pensando come questa magnifica isola sia sempre stata a rischio di calamità naturali. Questa volta Pacchianella non è riuscita -ahimé-  a suonare le sue campane.

Anna Bruna Gigliotti

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