Dom. Dic 8th, 2024

In una giornata ovattata dal silenzio, sotto un cielo grigio striato a tratti di bianco, nessuno in giro, nessun rumore nell’orto circondato dalle siepi del giardino, mi trascinavo ciondolando,  godendo del profumo delle erbe aromatiche e dei colori dei fiori. Chi aveva disegnato quel  luogo, aveva sapientemente unito in grande armonia il bello e l’utile.

All’improvviso una vocina.

  •  Ohi ohi!  Se solo fossi stata più generosa! Se avessi capito che era un grande dono, il poter accogliere nella mia corolla il bambino Gesù, senza  invece chiudermi in me stessa!

Non sapevo bene neanche a chi, ma mi venne spontaneo chiedere:

  • Ma chi parla? Perché dici queste cose?
  • Perché sono stata egoista, e piena di me stessa, della mia vanità.  Ah! Già!  Non te l’ho ancora detto. Io sono la Rosa,  la regina dei fiori. Mentre  La Madonna e San Giuseppe scappavano da Erode per nascondere Gesù e salvarlo dalla strage degli innocenti, mi arrivarono vicini,  e Maria, spaventata, mi chiese di ospitare il divino bambinello nel mio calice per  celarlo alla vista dei soldati. Io mi rifiutai. Non potevo permettere che i miei  petali  venissero sciupati dalle mani e dai ferri  di gente brutale e forse, la Madonna non mi avrebbe punito contornando il mio stelo di spine e condannando i miei petali ad appassire nel breve arco di pochissimo tempo!
  • Ma ti ha lasciato il profumo! Gioia dell’odorato, e anche se velocemente caduca, una straordinaria bellezza.  Non lamentarti dunque! – Meravigliandomi di rispondere ad un fiore-

Era l’aria, l’atmosfera, la sensibilità che a volte si nasconde nella solitudine, a rendermi così ricettiva a voci inesistenti? Eppure la voce si moltiplicò in altre voci:

  • E cosa dovrei dire io?

Insorse un Cardo:

  • Anche io, sono stato punito , ero una bella e rigogliosa pianta. La Madonna chiese aiuto anche a me ed io non ascoltai nemmeno.  
  • Per questo motivo le tue foglie si coprirono di spine, come di colui che respinge,  e si macchiarono di bianco con le gocce del  latte, cadute dal  seno della Madre Santa, per ricordare a tutti il tuo diniego. Ma non dolerti, con questi segni, sei diventato simbolo della sofferenza e della mortificazione che sfocia nel Pentimento… E’ vero, il tuo verde si è macchiato, la tua forma si è stravolta, ma in compenso, hai ricevuto in dono fiori color porpora che rallegrano la vista e mitigano il senso della mortificazione con il perdono. Quel colore che giunge al viola, e che si usa sui paramenti della settimana santa.
  • Intervenne la Vite.–  Anche io ho rifiutato di nascondere il divino Fanciullo tra I miei tralci. Ne ero così fiero, da non permettere a nessuno di toccarli. Ma il castigo non tardò ad arrivare. Fui condannato a veder tagliare i miei voluttuosi tralci ogni anno, a far mangiare le mie foglie dagli asini e che dire dei  contadini, che strappano i miei grappoli neri, dorati, appena sono gonfi di succo?
  • E non sei felice? Con i tuoi grappoli annunci l’arrivo dell’autunno, quando la natura si ammanta di gialli, rossi, bruni, amaranti… Non a caso la tua uva nera era chiamata Occhi  (del Cristo Cronocratore) ovvero Signore del Tempo, che fissa la durata del giorno, e quelli che tu chiami strappi altro non sono che la vendemmia, simbolo del giudizio universale alla fine dei tempi-

Sii orgoglioso che i tuoi grappoli recisi di occhi neri cadano dolcemente nelle ceste e poi nei tini,  destinati a diventare vino, per rallegrare le tavole ed essere servito sugli altari.

Poco discosto, fioriva un Crisantemo.  A questo punto non potei non stuzzicarlo.

  • E tu? Non hai nulla da dire?
  • Ne avrei tante, ma certo non mi piace essere utilizzato solo sulle tombe! Pensa che il mio nome significa “fiorente d’oro”,  in Giappone sono disegnato sugli abiti, sulle porcellane, sulle spade.  In quei luoghi lontani parlo di felicità e di vita, sono simbolo del sole, con i miei petali che si aprono come raggi, e qui invece…
  • Ed invece,  lo dico io! Non essere sciocco, Non è forse vero che quando andiamo sulle tombe dei nostri cari, preghiamo per loro, augurando che siano in un Paradiso felice? E tu che della felicità sei simbolo…arricchisci di colore il camposanto. 
  • A proposito di Paradiso perché non chiedi anche al cipresso se è contento.

Il Cipresso ci ha sentito

  • Perché mi hanno messo a guardia dei cimiteri?  Sono stanco di ascoltare gemiti e vedere solo lacrime che sgorgano da occhi gonfi e addolorati.
  • Ma tu! fosti il primo albero del Paradiso, perché la tua forma  è simile ad una fiamma che si eleva verso il cielo. Con i tuoi rami sempreverdi sei simbolo di incorruttibilità.  Incorruttibili sono ormai i defunti. Intagliati nel tuo legno erano lo scettro  di Zeus, la freccia di Cupido, la  clava di Ercole. Simboli della potenza e dell’amore che perdurano nel tempo.   Non potevi non essere tu a guardia e protezione dei luoghi del silenzio eterno.

Ma adesso Basta! Sono stanca! Tutti recriminano qualcosa.  Non riescono a vedere le cose belle per cui esistono…

Sento che qualcosa mi cammina sulla mano. E’ un bruco. Infastidita  sto per cacciarlo via.

  •  Aspetta! Ti vedo un poco triste.

Ormai parlo anche con i bruchi! Mah!

  • Si, lo sono, tutti hanno qualcosa per cui lamentarsi e non vado oltre perché troppe ancora ne sentirei… Preferisco tornare a casa. Ma prima raccolgo della Menta. Fu chiamata l’Erba santa, perché dissetò la Sacra Famiglia in fuga verso l’Egitto. Dalle sue foglioline sgorgarono infatti su richiesta della Madonna, che la premiò così per l’eternità, gocce odorose e rinfrescanti. Con le sue foglioline mi preparerò una bibita, poi aprirò  un buon libro, magari,  di Cattabiani, che tante cose mi insegna, e non ascolto più nessuno. Almeno lei, la Menta, non ha nulla di spiacevole da dire.

Prima di lasciarti però, devo confessarti che ero così sconsolata,  da scrivere questa poesia:

In Un Giardino

Povero Nontiscordardimé

obbligato a ricordare.

Povera Viola

condannata a pensare.

E tu, Rosa gialla

ad essere gelosa.

E tu, Rosa baccarat

ad essere in passione

e ancora tu

 povero Salice

 ad essere piangente.

E poi tu Margherita,

a vivere nel dubbio.

Chi ha parlato

              della felicità dei fiori?

  • Non si può certo dire che sia un inno alla gioia! – mi disse il bruco-  E allora tu guarda me… io sono felice! Tra poco diventerò una farfalla, volteggerò sul tuo capo, ti rallegrerò con i miei colori e la danza delle mie ali  e poi,  andrò di fiore in fiore a far nascere nuova vita.

Ti pare poco?

  • A volte  basta davvero poco per ritrovare l’allegria. Grazie!

Nadia Farina

(Nella Foto -Uomini- Opera di Nadia Farina)

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