Gio. Mar 28th, 2024

La prima ferrovia d’Italia fu inaugurata il 3 ottobre 1839. Il tratto era Napoli Portici-Granatello. Le tre storiche locomotive (Vesuvio, Bayard e Longridge) raggiunsero, per quei tempi, l’incredibile velocità di cinquanta chilometri all’ora. La potenza era di sessantacinque cavalli vapore. Un cavallo vapore esprime la potenza media che un cavallo estrinseca su lunghi percorsi. Il motivo per cui nasce questa unità di misura è dato dall’esigenza di tranquillizzare l’affascinante e incerto futuro col rassicurante e già noto passato. Non a caso, infatti, le carrozze del treno si chiamano proprio così, carrozze, esattamente come quelle che, fino a quel momento, erano state trainate dai cavalli.

La messa a punto dei prototipi delle locomotive nel Regno delle Due Sicilie non rappresentava solo il bisogno di ridurre il tempo di percorrenza che impiegava re Ferdinando II di Borbone a raggiungere la sua reggia, ma era una vera e propria sfida tecnologica e industriale con i Paesi europei rivali.

La ferrovia Napoli Portici rappresentò l’ostentazione dell’avanzamento tecnologico e la prova schiacciante che, se nell’Ottocento il Meridione era il territorio più industrializzato d’Italia (collocandosi tra i primi posti in Europa), ciò non era dovuto al puro caso.

Per questi motivi storici e con vista sul meraviglioso Golfo Partenopeo, nel 1989 su due territori comunali (quello di Napoli e di  Portici ) fu inagurato uno dei più rappresentativi complessi di architettura industriale d’Italia nonché uno dei più importanti musei ferroviari d’Europa: il Museo di Pietrarsa.

Ancora oggi è possibile percorrere su di un treno interregionale lo stesso tratto e vi assicuro che chiunque l’abbia fatto, non solo ha invidiato l’opportunità che si presentò a Ferdinando II di Borbone, ma non ha nemmeno potuto esimersi dal ripensare alla famosissima frase di Johann Wolfgang von Goethe che dopo essere giunto nella città partenopea disse: “Vedi Napoli e poi muori”.

Il celebre scrittore, poeta e drammaturgo tedesco asseriva che Napoli era così bella che il visitatore dopo averla conosciuta poteva anche morire sereno, perché la contemplazione del bello che si esperisce nel visitarla è una sensazione così profonda che da sola è sufficiente a riempire una intera vita.

Antimo Pappadia

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