Ricomincia la scuola. Le richieste (e invocazioni e maledizioni, e quasi nessuna preghiera) che oggi sono rivolte alla scuola sono troppe, eccessive, irrealizzabili, e altrettanto decisamente: sbagliate.
La famiglia, che fu sede della combinazione amore-disciplina, da tempo aveva già abbandonato, spontaneamente e/o perché obbligata, la disciplina a favore di altri agenti e altre agenzie. Scuola in primis, a patto che quella delega fosse utile a produrre individui socializzati, integrati, cittadini responsabili e lavoratori utili.
Mentre si sgretolano economie e società, e dunque nessun progetto di vita appare più plausibilmente perseguibile mediante sforzo e applicazione, e dunque la scuola ha perso di vigore, la famiglia ugualmente non ha interrotto la propria decadenza, percorrendo a ritroso la scala evolutiva.
L’amore senza disciplina (diventata persino slogan: famiglia è dove c’è amore) è affare rischioso. Perché, ammesso che ve ne sia, e ve ne sia sempre (il che già appare titanico), è forza profondamente antisociale. Perché tutti vogliono, desiderano essere amati in modo esclusivo e totalizzante: il che produce una contraddizione evidente. E senza condizioni.
E così i figli, divenuti alunni, pretendono quello stesso approccio fondato sulla approvazione incondizionata.
E apprendono velocemente le dinamiche di autovittimizzazione, di ricatto emotivo, che servono come panacea alla dissonanza tra ciò che avvertono come dovuto e ciò che invece la realtà restituisce. Sostenuti, spesso, da famiglie che sembrano domandarsi precisamente: ma come è possibile che mio figlio, mia figlia non sia amato o amata dalla scuola come lo è da me, da noi?
Immersi fino alle ginocchia nella palude di questa crisi, da domani come il Barone di Münchhausen ci aggrapperemo al nostro stesso codino e con un salto ci tireremo fuori. Trasformando, come sempre, la debolezza in forza, la paura in coraggio, la rassegnazione in entusiasmo. Per l’acqua trasformata in vino ci stiamo attrezzando.
Alessandro Porcelluzzi