Mer. Mag 15th, 2024

Fare un viaggio nel tempo a Buccino, in provincia di Salerno, in una Campania sempre ricca di sorprese, una realtà da conoscere per saperne di più sulle nostre origini. 

Visitare un museo, non è solo imparare, non è solo guardare più o meno attentamente il lavoro di altri. Visitare un museo è camminare nel tempo.

  • Andiamo? Ma sì, abbiamo tempo,  vediamo di cosa si tratta. Il paese non è grandissimo, sarà una delle tante iniziative organizzate per pubblicizzare un luogo ..

Queste e tante altre frasi buttate lì, senza molto interesse, senza tanta convinzione.

Ma..

Fatti due passi ed entrare in un antico chiostro  già si comincia a respirare il silenzio del tempo. Ci accolgono due persone sorridenti cordiali, aperte al dialogo.

  • ll museo? 
  • Bisogna salire una rampa di scale.

Marcello Nardiello, così si presenta, sarà la nostra guida

  • Andiamo!

L’ingresso è sorprendente, ordinato, lucido e luminoso, si intuiscono lunghi corridoi e ampie sale, ma la sorpresa è l’ampiezza di queste sale, il numero di queste sale, e non so più quante teche che si susseguono una dopo l’altra con ordine cronologico.

Ma,  torniamo al momento che abbiamo varcato la soglia.

Sulla sinistra giganteggia un manifesto. Ci appare Smyrna, una fanciulla che perì durante uno dei tanti devastanti terremoti che hanno toccato questi luoghi,  insieme al padre e ai suoi fratelli. La madre che dovette seppellire la sua famiglia, tra la metà ed il terzo quarto del I° secolo d.C., incise sulla pietra a memoria del mondo, la sua immane e dolorosa tragedia.

Infelice madre

Perché qui (sono) tutti i suoi nati

Al padre Ilaro

Al figlio Agatemero

Al figlio Lucano e al figlio Cisso

A Smyrna figlia

…. E questa pietra chiuderà la visita al museo.

Non a caso è stata scelta questa vicenda per accogliere i visitatori, affinchè sappiano da subito che non si guarderanno oggetti inanimati, ma cose create, appartenute, usate e soprattutto toccate, dalle  mani di esseri umani ancorchè preistorici.

 Il senso del cammino del tempo in questo museo è così,  fortemente vivo ed attraente. Marcello Nardiello, ci guida con passione, con il desiderio di renderci partecipi della vita che ci ha preceduto fin dagli albori della nostra storia.

Ci racconta la necessità di una vita migliore che accompagna l’uomo dal suo esistere.  Un numero indefinito di piccole invenzioni che pensiamo nate oggi dal progresso, dalla evoluzione, appartengono all’essere umano fin dal suo esordio sulla terra, un poppatoio, una brocca che  si potrebbe definire grolla dell’amicizia, uno scaldavivande.. e poi ancora, ornamenti, oggetti di uso comune per cucinare, cucire, difendersi, adornarsi, socializzare.. Oggetti che col passare dei secoli diventano sempre più belli e più raffinati  con la nascita del disegno, del colore, della consapevolezza dell’uso dei materiali, e non si fa fatica ad immaginare come l’Italia sia potuta crescere in sì tanta bellezza.

Dicevamo, corridoi luminosi che si affacciano sul grande chiostro del convento degli eremitani di Sant’Agostino eretto nel 1473, nei cui locali è ospitato il Museo. Su Quattro livelli in 1600 metri quadri,  dall’ottavo secolo A.C. sono esposti  più di cinquemila reperti, ma  forse il doppio, forse il triplo,  conservati per mancanza di posto, in una miriade di cassette impilate l’una sull’altra in depositi chiusi dove solo la polvere potrà toccarli. – dalla preistoria quindi, dalla pietra al bronzo, sono contenuti  cinque secoli di storia  che raccontano la vita di tutti i giorni, l’evolversi della società, la vita dei guerrieri, dei principi, della aristocrazia del tempo, e con l’aristocrazia, il lavoro dei diseredati, la schiavitù, l’affrancarsi dalla schiavitù, il culto della vita oltre la morte,  la nascita dell’agricoltura, la pastorizia, ed ancora,  plastici della città, del territorio, iscrizioni, statue.

In un susseguirsi di emozioni e di domande a cui la nostra guida risponde con competenza e partecipazione, camminiamo verso il presente con passo sempre più deferente al passato.

La visita infatti sta per concludersi. E’ora di tornare alla realtà, al cosiddetto progresso.

La pietra incisa dalla mamma di Smyrna, chiude alle  nostre spalle la visita al museo. Non sarà facile dimenticare quella pietra su cui una madre ha consegnato alla storia il suo dolore e il nome di sua figlia stroncata nella sua giovane vita come albero abbattuto.

In quel nome, il veloce passare del tempo, la sua caducità, e la forte sensazione che la preistoria alla fine, era solo l’altro ieri.

Smyrna non è morta invano, come mai muore invano chi di sé lascia un segno. 

Nadia Farina                                                                                                                                        

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