Sab. Dic 7th, 2024

Giunsero dallo spazio dopo essere  fuggiti da un pianeta distrutto dalla tecnologia che la scienza aveva creato.

Prima di partire, prima ancora che il pianeta esplodesse, avevano però cercato un pianeta in cui rinnovarsi, ma sbagliando le coordinate, arrivarono in un mondo  senza colore alcuno che non fosse il bianco il grigio il nero.

Come tanti Supeman trasvolati  sulla terra da Kripton, speravano di trovare un’altra possibilità di vita. Trovarono invece, laghi e montagne, fiumi e pianure, grotte scavate dal mare, oceani immensi, luoghi che la vita l’avevano conosciuta ma in cui era poi misteriosamente scomparsa insieme ai colori. Dove un tempo era luce e colore adesso era solo ombra. Stagliati contro un cielo grigio, stecchiti tronchi amputati dei rami, denudati della corteccia, senza speranza di foglie.

Il nero della terra, degli alberi, il grigio del cielo, il piombo del mare, travolsero in una deprimente e tragica atmosfera il piccolo drappello di cosmonauti loro malgrado, che  cominciò ad esplorare ogni luogo, ogni anfratto. Camminavano col sole  e nelle notti di luna piena, fermandosi soltanto quando la luna andava a nascondersi, per non consumare l’ energia delle torce della  loro navicella, energia poco compatibile con l’atmosfera del nuovo pianeta, energia  che poteva esaurirsi da un momento all’altro. Uomini o extraterrestri, senza via d’uscita.

Se volevano tentare di vivere in questo luogo,  nel quale erano ormai intrappolati, era necessario cercare una fonte di energia che potesse garantire la sopravvivenza.

Dopo avere camminato per giorni ed avere ormai esaurito ogni tipo di scorta, sentendosi prossimi alla fine, decisero di affrontare il buio di una caverna chiusa da una porta e che ci fosse una porta in quel mondo, era la cosa più strana che avevano visto in quel luogo senza vita. Controllarono le riserve di luce in loro possesso e stabilendo che non sarebbero bastate a lungo, affrontarono la sorte con rassegnazione mista ad una segreta speranza.

La porta era blindata e ci volle tutta la forza del drappello unito per riuscire a scardinarla.

Gli esuli furono allora  investiti da luci colorate e accecanti e da vibrazioni che fecero tremare la terra. Quando l’energia liberata si fermò  e gli occhi si furono abituati al repentino cambio di ombra e luce, videro una caverna ricoperta di bottiglie.

Senza comprendere cosa avevano davanti, cominciarono ad annusarle, a guardarle, ad analizzarle. Contenevano un liquido inodore che non riuscivano ad identificare, in cui vivevano in piccoli mondi racchiusi, straordinarie vegetazioni, amebe, felci, addirittura fiori.

All’ingresso della caverna, protetto tra due vetri, trovarono un foglio di papiro in cui un alchimista,  sentendo il suo pianeta prossimo alla fine, raccontava di come aveva fatto incetta dei colori del mondo e li aveva poi sciolti in bottiglie contenenti solo limpidissima acqua. Le aveva poi racchiuse in un caveau con la certezza che un giorno qualcuno sarebbe arrivato a restituire vita alla terra.

Come furono liberate dal buio e colpite dai raggi del sole che raddoppiarono la luce, rifrangendosi sul vetro, dalle bottiglie erano giunti suoni e vibrazioni che cominciarono a perdersi nell’aria, scolpendo forme, dando luogo alla nascita di forme invisibili e poi di quelle visibili.

I suoni nati dai colori cambiarono la struttura molecolare delle sostanze e crearono pietre colorate poi chiamate lapislazzulo, rubino, azzurrite, malachite, smeraldo e tanti altri, ricchi di energie che potevano, se adeguatamente usati, far camminare il mondo. Mischiarono acqua ed olio per creare forze nuove. Le due energie complementari, ombra e luce, avevano poi finalmente, potuto fondersi per dare vitalità alla infinita gamma dei colori,  restituendoli al mare al cielo alle montagne agli alberi, ad una vita nuova.

Gli esuli cosmonauti si caricarono sulle spalle tutte le bottiglie, le portarono al sole e richiusero la porta della caverna, lasciandone, a futura memoria,  solo sette,  con i colori dell’iride, rispettando così l’alchimista profeta che aveva lasciato in eredità  un tesoro prezioso: un meraviglioso viaggio attraverso la nascita della vita e la sua trasformazione.

 

Nadia Farina

(La foto è una creazione di Nadia Farina)

 

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