Mar. Ott 8th, 2024

Con il Numero Zero de “Lintelligente”, inizia la rubrica “Arte e Cultura”, entro cui troveranno spazio spunti di dibattito, biografie, recensioni, segnalazioni di eventi sul territorio.

Iniziamo intervistando l’etnomusicologo Gian Paolo Borghi, ed in particolare ripercorriamo con lui oltre 40 anni di tematiche inerenti la musica popolare, che coinvolgono ampiamente, oltre ad arte e cultura, anche la sfera sociale, ovvero le condizioni di vita delle classi popolari italiane.

www.ottocentoferrarese.it/dizionario-storico-dellottocento-ferrarese/lemmi/itemlist/user/78-gianpaoloborghi.html

(SM) La sua ricca biografia evidenzia che lei è da anni coordinatore scientifico di diversi musei, per citarne qualcuno:

il Museo storico della Giostra Bergantino di Rovigo, Archivio Nazionale Giovanna Daffini (Motteggiana, Mantova), Sistema archivistico-museale di Porretta Terme (Bologna), Archivio etnomusicologico “Giorgio Vezzani-Il Cantastorie”, e da molti anni si dedica allo studio etno storico ed etno antropoogico, nello specifico della musica e spettacolo popolare e della etnomusicologia, ovvero quella disciplina, mi corregga se sbaglio, che cerca di mantenere le proprietà e le proprie caratteristiche etniche e popolari, nei confronti dello sviluppo della musica così detta colta. 

Ci può raccontare qualcosa di biografico di personale, come qualche aneddoto, e quali incontri speciali con personaggi speciali, hanno determinato questa grande passione per la musica popolare?

(GPB) Ho conosciuto il mondo dei cantastorie tradizionali all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso, quando stavo preparando la mia tesi di laurea in storia sociale. Ne incontrai diversi in occasione di particolari rassegne che un tempo si tenevano, (Sagre dei Cantastorie) e che adesso si svolgono soltanto in pochissime realtà italiane (Sicilia, Santarcangelo di Romagna, Motteggiana…). I cantastorie erano e sono riuniti in un’associazione, Associazione Italiana Cantastorie, A.I.CA., fondata nel 1947 a salvaguardia del loro posto di lavoro, a causa delle restrizioni alle quali erano soggetti i cantori itineranti (polizia municipale, problemi per i testi a volte ritenuti contrari alla decenza o all’ordine pubblico, difficoltà per i posteggi alle sagre e ai mercati ecc.) e l’incontro con il loro presidente, Lorenzo De Antiquis (1909-1999) mi illuminò: iniziai allora a raccogliere materiali documentari sulla loro attività e da allora non ho mai interrotto la mia attività! Incontrai tanti cantastorie e di tanti ebbi modo di raccoglierne il ricordo. La soddisfazione più grande è stata quella di essere accolto tra di loro, come uno di loro, al punto che ormai da tanti anni sono il loro vicepresidente nazionale e coadiuvo la presidente, Dedi De Antiquis, figlia di Lorenzo e continuatrice strenua della memoria.

Tra i ricordi più grandi posso citare quelli dei cantastorie siciliani, come Orazio Strano, Vito Santangelo, Franco Trincale, Rosita Caliò… Ma, al di là del passato, ricordo con grande ammirazione l’attività che ancora oggi svolge Rosita Caliò, pienamente inserita nel contesto musicale della tradizione siciliana. Oggi Rosita abita a Padova ma continua a scrivere e a fare spettacoli anche dopo i suoi …anta! La cronaca è ancora il suo pane. Il suo ultimo testo quello dedicato al DJ Fabo.

Gli ultimi cantastorie tradizionali del settentrione e del centro Italia li ho conosciuti praticamente tutti. Loro mi hanno narrato le loro avventure, le loro storie, i loro problemi, la loro grande dignità umana e professionale. Da Adriano Callegari, pavese, venditore di immaginette di Papa Giovanni con una tecnica magistrale  (Papa Giovanni, il papa dei poveri, dei lavoratori…) che otteneva successi di vendite anche all’ingresso delle feste dell’Unità!

Lorenzo De Antiquis, ancora, si era specializzato nelle commenti alla realtà dei nostri giorni, scrivendo canzoni su musiche tradizionali e su temi ancora oggi di grande interesse:

Sentite che vi dice il cantastorie, il mondo è entrato dentro a un grande imbroglio                                                 bisogna andare piano altro che storie,  per risparmiare aria, acqua e petrolio.                                                               In automobile tutta la gente   c’è chi lavora e chi non fa niente…                                                    

Se io fossi il Padreterno non darei l’approvazion                                                                                                                     di andar negli altri mondi a portar la confusion! 

(SM) A partire dal XIV secolo i “cantastorie” iniziarono ad allontanarsi dalla letteratura più colta e contribuirono a diffondere in “dialetto” le gesta …

Quanto e come, secondo lei, è interpretato il nostro tempo? Oltre a chi porta il ricordo popolare nell’interpretazione dei canti popolari più o meno noti, esiste una musica, oggi, secondo il suo parere, che racconta le gesta popolari, di lavoratori e disoccupati e del disagio sociale?

 (GPB) Oggi i cantastorie tradizionali sono pressoché scomparsi, ma ritengo ci sia la possibilità di “ritrovarli” in repertori, modalità musicali e d’incontro con il pubblico in realtà “altre”, non omologate e, soprattutto, in piena libertà espressiva e culturale. In queste situazioni, si ritrovano ancora!!!

 (SM) L’importanza di avere archivi storici della musica popolare, oltre all’indiscutibile importanza storica, cosa può rappresentare, in quanto strumento, per i giovani che si affacciano alla musica? La scuola, fa qualcosa per avvicinare i giovani?

(GPB) Gli archivi sono utili se sono collegati a laboratori operativi e se vengono considerati supporto per conoscenze. La conoscenza dei fenomeni aiuta lo sviluppo delle idee e fa comprendere anche come quanti spazi siano ancora necessari nella nostra società.

La scuola, anche quella cosiddetta accademica, fa molto poco, purtroppo. I pochi istituti che si occupano di cultura tradizionale/popolare peraltro languono… Bisognerebbe avere il coraggio di ripartire dalla scuola di base e fare comprendere come certi valori culturali possano e meritino di essere conosciuti. Ovviamente mi riferisco a tutte le culture. Un esempio per tutti, anni fa andai nei campi profughi Saharawi e mi accolsero con espressioni improvvisate di benvenuto e mi fecero visitare il loro museo della Resistenza. L’improvvisazione poetica è ancora presente da noi, soprattutto in Toscana,  ma in quanti la conoscono? Le tradizioni popolari hanno concetti e modalità espressive comuni, volutamente ignorate. 

(SM) Motteggiana, comune in provincia di Mantova, città natale di Giovanna Daffini, di cui curate da molti anni l’archivio storico, è anche diventata un appuntamento per il Concorso Nazionale “Giovanna Daffini” per testi inediti da cantastorie, che quest’anno è arrivato alla sua 23 edizione, quali sono le innovazioni, se ci sono, che i musicisti propongono nel contesto del concorso?

(GPB) L’archivio sta studiando modalità nuove, anche per quanto riguarda il concorso nazionale. Si sta lavorando con forze nuove per inserire tematiche legate al mondo giovanile e per fare non solo un “Giorno di Giovanna”, ma due giornate. Le cose sono ancora in incubazione, ma emergeranno al più presto.

 (SM) Come ultima domanda, a questo punto, istigatrice, Sanremo 2017: Francesco Gabbani con Occidentali’s Karma, Emal Meta con Vietato Morire, Paola Turci con Fatti bella per te, società, violenza alle donne e  disagio… un modo sentito per raccontare o temi gettonati ?

(GPB) Come diceva Lorenzo De Antiquis, ogni ambito musicale, poetico, narrativo  può divenire cantastoriale, ma soprattutto se esiste libertà artistica, non coercitiva.

https://www.rivistailcantastorie.it/pagina-iniziale/

Marzia Schenetti