La vita, si sa, è una somma di incredibili coincidenze, di fatti che spesso ci appaiono straordinari, e tra le tante discipline che rendono l’idea dell’impossibile, sono stata travolta, letteralmente travolta, da un’onda in cui mi sono gettata imprudentemente in un mare che definire mosso è un eufemismo. Ed è lì, mentre mio padre mi prendeva per i capelli, salvandomi da quel naufragare che non era certo dolce, che è nata la mia passione, la mia curiosità di conoscere uno sport che col tempo avrei imparato a chiamare Surf.
Ed è stato un altro evento straordinario evento a ricongiungermi a Piero Colimodio, appassionato surfista per chiedergli come dove e quando è nata la sua passione per il Surf e soprattutto cosa è il Surf.
Buongiorno Piero, e allora, prima di tutto, puoi dirmi cosa è il Surf?
- Il surf rappresenta il tempo. Il tempo che ognuno di noi ha a disposizione, è rappresentato dalle onde in modo inequivocabile. Quando ho visto la prima volta video sul surf delle Hawai ho immediatamente realizzato che ogni surfista ha il suo stile e rappresenta il suo modo di essere, il suo approccio alla vita, il suo carattere. I giovani sono molto energici, fanno manovre veloci, spinte, radicali, coraggiose, loro osano e si mettono in mostra, mentre i “vecchi” affrontano anche onde gigantesche con l’esperienza, la calma e la tecnica acquisita negli anni. La raffigurazione del percorso della vita.
Ma torniamo al tempo…
Quando un’onda inizia a frangere, da un lato, dall’altro ancora è bassa e non del tutto inclinata per permettere al “ lip” (labbro) di piegarsi su se stesso e diventare schiuma, questo movimento ricco di energia in cui ogni particella, ogni secondo, fa il suo corso è lo scorrere del tempo.
Quando prendi un’onda e ti alzi sulla tavola, prendi la direzione contraria alla zona di rottura, verso la zona che ancora deve rompersi. In questo momento tu vivi il presente mentre dietro di te muore il passato e davanti a te arriva il futuro, e realizzi che il presente non esiste, è solo un attimo impercettibile che arriva e passa, e in questo tempo tu cerchi di curvare, scendere e risalire, tu surfi l’onda, vivi la tua vita, se sbagli e cadi, aspetti la prossima, ti correggi e riprovi, accumuli esperienza, vivi. Non saprei descriverlo in maniera più diretta.
Come è nata la tua passione, quando, come, perché?
- Da piccolo, al mare, capitavano le mareggiate d’estate, i nostri genitori dicevano di non entrare in acqua, era pericoloso. Ed è proprio da queste parole che nacque in me il desiderio di osare di provare di mettermi in gioco, soprattutto considerando che il mare è vivo, tutta energia, nulla di comparabile sulla terra, certamente l’acqua è l’elemento più vivo che io abbia mai incontrato, un perpetuo movimento.
Poi da grande scoprii il vento e mi innamorai del windsurf, ed è stato questo il mio vero approccio al mare e alle onde. Non più tardi di cinque anni fa ho comprato la mia tavola da surf, un long board di 9,1 piedi old style ed ho iniziato a surfare solo le onde senza vento.
Sono le cinque di mattina in inverno quando mi sveglio e controllo il webcam in litoranea per vedere le onde, alle sette di solito sono in acqua e la spiaggia, che io e tanti surfisti definiamo “il confine” è deserta, ma le onde ci sono ed entrare in acqua ti porta veramente in un’altra dimensione.
Ho letto in un libro il cui contenuto mi è apparso come una immensa metafora della nostra esistenza, che ogni onda affrontata e scelta dal surfista, contiene tutta l’incertezza del qui ora e del dopo non si sa. Puoi spiegarmi questo concetto?
- Sicuramente ho risposto nel primo quesito, ma riprendiamo il concetto: quando un bimbo nasce ha tutto il suo tempo a disposizione, quindi cresce si sviluppa e fa le sue scelte, cade, si rialza, ha esperienze, ne fa tesoro e va avanti. Ma ognuno di noi può vivere SOLO qui e ora, il DOPO non lo sai mai…come su di un’onda, qui e ora, ti alzi e ti lanci in discesa, lungo la parete per poi piegare, curvare e risalire, poi riscendere in un continuo DOPO NON SI SA, che passa per un QUI E ORA e diventa il passato, tanto prezioso.
Ho sempre pensato che cavalcare un’onda fosse come entrare nell’infinito. E’ cosi?
- Ho sempre pensato che l’essere umano sia un animale meraviglioso per un semplice concetto, di fronte all’infinito noi non siamo nulla ma allo stesso tempo viviamo intensamente correndo con gioia nella vita e tutto questo perché abbiamo poco TEMPO. Rapportandoci all’infinito siamo davvero insignificanti, eppure proprio per questo il nostro flebile bagliore si accende di luce intensissima nel poco tempo che abbiamo a disposizione, surfare un’onda, soprattutto se molto lunga, certamente ti paragona al concetto di infinito, ma anch’essa vive di un tempo limitato, minore del nostro, frangendosi con fragore ed energia, la senti nell’anima e ti rendi conto che quasi le onde ci somigliano in un certo senso.
Mi rendo conto che sei un po’ filosofo e un po’ poeta, è un tuo modo di essere congenito o l’essere un surfista ha allargato la tua sfera sensoriale e spirituale?
- Quando ero ragazzo e quasi maggiorenne mi capitava spesso di guardare la linea del mare lontano, dove dietro tramontava il sole. Non di rado in momenti di introspezione mi chiedevo cosa ci fosse laggiù lontano dopo l’orizzonte, e mi sforzavo di cercare con lo sguardo qualcosa. Ma non realizzavo che volevo intuire il mio futuro. Impossibile, certamente.
Poi una mattina mentre mettevo la muta all’improvviso mi scoprii a guardare di nuovo quell’infinito orizzonte, era l’alba, e magicamente capii. Laggiù c’ero io che guardavo me oggi, e credimi tutto ha avuto senso. Oggi posso affermare che la gente si soffermasse a guardare il mare e il cielo forse, capirebbe che il senso vero della vita è Viverla!
Molti anni fa, su una spiaggia in cui stavamo beatamente al sole, fummo costretti a fuggire per un’onda anomala, si alzò un muro d’acqua per poi ritirarsi velocemente. Credo che la paura prese tutti e quando ripenso a quell’episodio mi chiedo con quale animo un surfista invece, si getta in onde ben più alte.
- L’onda anomala potrebbe rappresentare quegli eventi della vita che non ti aspetti, ma in realtà è un reset, ovvero un’onda particolarmente discromica rispetto a quelle regolari, dopo di essa tutto riprende a correre regolarmente. I surfisti si lanciano su giganti incredibili, con paura e rispetto, per un solo motivo, è forse, la cosa più naturale e meravigliosa dell’essere, il “provare” sempre un po’ di più. Non dobbiamo chiederci perché lo fanno, dovremmo invece dirci “se la fa un uomo possono farlo tutti gli uomini.”
Non so se conosci quella teoria elaborata da un surfista filosofo che nulla sapeva di filosofia, ma che così veniva appellato per la sua “filosofica“ maniera di affrontare il tunnel dell’onda quando vi entrava con la sua lunga tavola da surf, per il quale se si fosse capaci di misurare la prima onda con la quale nasciamo, si potrebbe anche presagire il giorno della nostra morte, perché nel mare è segnato il destino degli uomini.
- Capire il momento della nostra morte…No, non sono d’accordo con questo approccio, l’inaspettato stupisce, la nuova esperienza arricchisce, ogni passo avvicina e allontana ma se conoscessi il quando della meta, forse, mi fermerei e non vivrei più. Personalmente vivo il momento nel momento stesso riflettendo sull’accaduto per prepararmi all’accadere ma senza sapere cosa c’è laggiù.
L’onda perfetta. Esiste?
- Non esiste, non esiste semplicemente non esiste. Ogni onda è diversa ed ogni volta è diverso, non è mai uguale né simile, ma certamente accettare l’ineluttabile fa parte del gioco, tutto può accadere per parte lo definiamo noi, ma l’imprevisto resta solo un ostacolo che diminuisce all’aumentare del nostro tempo trascorso. Non ho mai pensato alla morte in senso negativo, ho sempre accettato la stessa come la cosa più naturale del mondo, l’unica che non tradisce perché arriva prima o poi per tutti, come l’onda che frange, anch’essa muore…ma che bella che era…
Immagino che continuando finiremmo per raccontare anche l’imperscrutabile, il trascendente e mi riservo se vorrai, di tornare a farti domande. Per il momento ti ringrazio perché credo di avere compreso che quando il surfista entra nel tunnel dell’acqua, avvolto dalla schiuma delle onde dell’oceano, si porta verso la conoscenza dei propri limiti e quando si chiude sul suo corpo, sa che altro non può fare che accettare l’ineluttabile. L’onda perfetta è quella che, forse, non saprà mai di avere cavalcato. Ho compreso bene?
Grazie Piero, di tutto cuore, non sbagliavo a definirti un po’ poeta e un po’ filosofo, se vorrai, tornerò a farti domande
- Ne sarò felice perché portare alla conoscenza dei più un mondo che sembra vivere di superficie mentre invece tocca le corde più profonde dell’animo umano, non farà altro che aumentare il senso del mio cavalcare le onde.
Nadia Farina