Dalla A alla Zeta , dalla rava alla fava, il backstage, il dietro le quinte. Sono detti più o meno popolari per spiegare l’esagerata esposizione di un fatto, di un evento, raccontato nei dettagli, nei minimi particolari.
E’ un andazzo ormai acclarato dal quale sarà quasi impossibile tornare indietro. La domanda e l’offerta di dettagli su qualunque argomento pare sia una moda dilagante senza la quale non si può raccontare più nulla. Bisognerebbe però fare alcune distinzioni, tra evento ed evento, tra fatto e fatto.
Un delitto, uno spettacolo, un evento sacro, sono trattati in egual misura senza il minimo rispetto dei luoghi e cosa più importante ancora, delle persone. Prendiamo in considerazione un delitto. Trattato dai media e dai giornali come una ricetta di cucina, qua gli ingredienti, qua il metodo di cottura, qua gli errori commessi che portano ad un piatto sbagliato. Si ascoltano testimoni, si evidenziano indizi, difficilmente prove, si scarnificano le persone, indagati, presunti o innocenti, parenti, familiari , vicini di casa. Il risultato è spesso una grande confusione che nasce dal raccontare “ il da A alla Zeta” , scombinando però un intero alfabeto.
Non parliamo poi dei backstage di qualunque spettacolo, una pruderie invadente, una ricerca spasmodica del dietro le quinte, per tentare di spiluccare colpi di scena, scoop , errori… ci sono addirittura trasmissioni nate per trasmettere “errori in tv”, al fine di stimolare curiosità, far sorridere o meglio ancora ridere, su papere, parolacce, sgarberie ecc. diventate invece il vero nuovo spettacolo.
Andando avanti gli esempi sono moltissimi, ma mi pare interessante fermare il pensiero sul dietro le quinte del recentissimo Conclave. Non esiste trasmissione radiofonica, televisiva, non esiste giornale che non abbia raccontato dalla “rava alla fava” la vita e le vicende non sempre esaltanti di ogni Cardinale, Il buon Bruno Vespa non ha mancato neanche questa volta di portare in scena un modellino della Cappella Sistina con panche, sgabelli e stufe connesse e collegate al camino da cui doveva fuoriuscire il fumo bianco o nero. Persino ai gabbiani sul tetto è stato dato un nome “ Umarello” colui che sta fermo davanti ad un cantiere in costruzione.
Ora, se mistero e segretezza non fanno più parte di questo mondo, di questa società, è anche bene ricordare che come è magica una luce di cui non si conosce la provenienza, che rende al mistero una atmosfera che le è propria, non posso però dimenticare che il grande pittore Lucio Fontana, sentì l’irrefrenabile bisogno di tagliare la tela per andare alla ricerca dell’oltre.
Con questo “pezzo”, non esaustivo e forse contraddittorio, non mi illudo di avere chiarito il problema o ancora meglio, dato una risposta alla domanda: ”E’ bene conoscere tutto, ma proprio tutto? Anche nei minimi dettagli?” Ancora una volta mi viene in mente l’antica locuzione latina “ In medio stat virtus”.
Forse, e dico forse, quello che manca, è la giusta misura che va valutata caso per caso.
Nadia Farina
Nella foto: “La temperanza” disegno di Nadia Farina