Mer. Nov 6th, 2024


Parte Seconda

 

 

Nel numero precedente, del 01 Marzo, ci siamo interrogati su alcune questioni riguardanti il rapporto fra Poesia, Adolescenti. Giovani.

Ovvero: 1) L’arte “antica” e “quasi-sempre-non-tecnologica” per definizione, la Poesia, può parlare agli adolescenti e ai giovani, o si riduce a un’incomprensibile incombenza scolastica? 2) La diffusione del Rap accompagna la Poesia, la sostituisce (per giovani e adolescenti), o è parte di essa? 3) Cosa rende eventualmente “poetico” il testo di una canzone? 4) Cosa si fa e cosa si può fare per rendere più fruttuoso l’incontro con la “grande poesia” da parte di adolescenti e giovani? E cosa si fa e cosa si può fare per sviluppare le loro produzioni?

Per meglio dire … io ho elaborato il Questionario (grazie anche ad alcuni buoni suggerimenti), ma chi di fatto si è interrogato sui temi in questione sono i miei amici poeti: Alessandra Ferrara, Carmen Maxia, Luca Oggero, Luigia Paglia e Matteo Rusconi (Roskaccio), le cui biografie artistiche potete trovare nell’articolo in questione.

 

Così terminavo (terminavamo):

 

5)      Cosa ci puoi dire del tuo personale incontro con la Poesia? E’ avvenuto in età adolescenziale? Ha beneficiato della lettura dei “classici”? Cosa è rimasto di quell’incontro e di quelle esperienze nel poeta di oggi?

 

 

Alessandra Ferrara

Sì, il mio incontro con la Poesia è avvenuto in età adolescenziale, ma non attraverso la lettura dei “classici”, anche se mi piaceva molto Dante. E’ avvenuto principalmente attraverso la musica, una passione che mi ha accompagnato fin da bambina, grazie all’altra mia grande passione, la danza. In un primo momento ho esplorato il genere della lirica, apprezzando molto i libretti scritti per Mozart da Lorenzo Da Ponte, poi studiato anche al liceo. In età adolescenziale ho esplorato altri generi più “giovanili”, come il rock. In questo secondo caso mi sono accostata alla poesia attraverso i testi di Jim Morrison, incuriosita dalla sua passione per Rimbaud. Da lì ho cominciato a documentarmi acquistando prima qualche suo libro, poi cercando ed apprezzando anche altri poeti maledetti. Fino ad allora non sapevo neanche chi fossero. Dalla lettura di Lorenzo Da Ponte sicuramente mi è rimasto l’amore per la semplicità e la linearità del linguaggio, della lettura dei poeti maledetti mi ha colpito la forza suggestiva ed irrazionale della sinestesia.

 

Carmen Maxia

Ho incontrato le “vibrazioni” nella filastrocca della Vispa Teresa che mio babbo mi recitava sempre. “Erbetta” e “farfalletta” prepararono cuore e orecchio. Incontrai poi un vate che mi svelò i classici vati, ho scoperto che vivevo con l’occhio del poeta e non ho più smesso di bere da quella fonte di inesauribili segreti. (Cit.)

 

Luca Oggero

Sì, io ho iniziato da adolescente a scrivere canzoni, ispirato dai gruppi punk e dai cantautori (su tutti De Andrè, Guccini, De Gregori e Rino Gaetano). Della lettura dei “classici” ho invece iniziato a beneficiare solamente qualche anno fa quando, posata la chitarra, ho scoperto che scrivere poesie mi piaceva, per quanto la mia personale forma espressiva preferita sia comunque la narrativa.

 

Luigia Paglia

La poesia è stato un mezzo molto utile per imparare bene tutte le sfumature della lingua italiana, tornavo dalla Svizzera e avevo difficoltà con la lingua. Poesia e quindi lettura anche dei classici, ma non solo, mi hanno aiutata. In maniera naturale cominciai a scrivere per esprimere le emozioni che mi turbinavano dentro, ero molto introversa da ragazza e timida. Credo anche a causa del cambio di ambiente. Mi sentivo isolata e diversa. Tutto ciò che leggi, studi, a mio avviso rimane, esce fuori in forma diversa quando poi scrivi. Spesso in maniera inconsapevole. Rileggendo dopo tempo trovo dei riferimenti delle mie letture e studi passati in ciò che scrivo. Il più delle volte me lo fanno notare gli altri.

 

Roskaccio

La poesia l’ho incontrata da ragazzino, con le prime recite scolastiche; poi in età adolescenziale l’ho abbandonata e, non so se sia stato un caso, ho scoperto la musica rap. Intorno ai vent’anni, spinto dalla ricerca di una mia forma di comunicazione, ho scoperto l’interesse per l’arte poetica e con essa il piacere di leggere i classici. Queste letture sono state molto utili per ampliare il mio bagaglio culturale e per trovare anche il mio stile di scrittura.

 

Stavolta andiamo ad approfondire un aspetto della Poesia che non smette di crearmi interrogativi e curiosità: la “sussistenza” della Poesia in rima.

 

In questo aspetto sono personalmente coinvolto, giacché ho scritto finora esclusivamente in rima, e per questo aspetto ho voluto nuovamente sondare i miei amici.

Ho usato (fra virgolette, ed ironicamente) la parola “sussistenza”, giacché, per quel che vedo, la Poesia in rima è poco frequentata dai poeti, ed a volte anche un po’ snobbata, come se fosse una soluzione “troppo semplice”, e comunque inadatta alla complessità dell’uomo novecentesco e del terzo millennio.

La mia opinione è esattamente contraria: se non si abusa delle “rime elementari” (in “are” e in “ato”, per esempio, che ricordano quei quadretti di “basso turismo”, del genere: “A Pompei sono stato / a te ho pensato / questo ricordo ti ho portato”), comporre in rima, e soprattutto parlare in rima di sentimenti complessi, è molto difficile.

Tuttavia, è anche molto appagante … per motivi che non sto qui a descrivere, preferisco dare la parola ai miei amici.

Probabilmente, contro la Poesia in rima “lavora contro” il ricordo di alcune inevitabili (?) approssimazioni scolastiche, del genere: “Ei fu siccome immobile”, al posto del fin troppo ovvio (oggi): “Ei fu”, ovvero “E’ morto” (Napoleone) + Pausa + “Siccome immobile …” (inizio di una figura retorica). Ma “Ei fu siccome immobile” era molto più facile da ricordare!

 

Nel Novecento avviene la parziale obsolescenza del verso classicamente ritmato e della rima. Eppure alcuni poeti “si ostinano” a scrivere in rima (o anche in rima). Cosa ci puoi dire della pagina Facebook “Rimar m’è dolce in questo mar”, creata proprio per dare spazio a questo genere di esperienza poetica?

 

Alessandra Ferrara

L’esperienza di “Rimar” è stata una sfida divertente e stimolante. Anche se avevo già scritto qualche poesia, non mi ero mai cimentata con la rima, né con il ritmo dei versi. Ho scoperto che la forma, dando ordine e musicalità ai contenuti, non solo li nobilita, ma a volte ne amplifica l’importanza. Il più delle volte abbiamo scritto versi di scarso impegno letterario, inseguendo l’unico scopo di divertire e divertirci. Altre volte invece abbiamo apprezzato, reciprocamente tra i membri, idee e forme originali. Ho letto molte belle poesie su Rimar e le conservo come tesori preziosi. E’ innegabile che questo confronto costante ha arricchito fortemente la nostra sensibilità nel saper leggere e produrre poesia.

 

Carmen Maxia

È meno obsolescente di quanto non si pensi. Il Rap e la canzone hanno trasformato il verso ritmato, ma ne rappresentano l’apoteosi. La prosa poesia era una fisiologica rottura. Il ritorno della rima, idem. Mode. Si sa che ora vestiamo come negli anni 70/80. “Rimar m’è dolce in questo mar… ” ha risvegliato il fanciullino che è in tutti perché ci ha ricordato che il poeta non è un “unto del Signore”! … Non sono un vate, ma molti dei miei allievi adolescenti scrivono in “Rimar”.

 

Luca Oggero

È senza dubbio una buona idea. La rima oggi è usata più nelle canzoni che non nella poesia. Io a volte la uso, a volte no. Ma fa comunque parte del patrimonio genetico della poesia ed è giusto che chi ama scrivere e leggere versi in rima possa trovare un luogo, per quanto virtuale, in cui dilettarsi a leggerne e a postare le proprie opere.

 

Luigia Paglia

Il gruppo è nato soprattutto per divertissement, credo, quindi aiuta ad alleggerire, pur rimandando a regole classiche del rimar, l’attività poetica di ognuno di noi. Insegna divertendo anche a ironizzare.

 

Roskaccio (Matteo Rusconi)

Credo che lo scrivere in rima spesso venga ritenuto qualcosa di banale oppure relegato soltanto a filastrocche e canzoni. Sono convinto invece che ci siano versi che, per una questione di musicalità propria, chiamino la rima legittimandone l’utilizzo. La pagina Facebook in questione la conosco da poco, ma da quello che ci ho letto posso dire che è un bel modo di “sdoganare” lo scrivere in rima.

 

Grazie a tutte e a tutti. Ogni conclusione sarebbe inutilmente pedante. Vi invito solamente a visionare la pagina in questione, sulla quale scrivo volentieri anch’io:

 

https://www.facebook.com/groups/583675908373352/

Nella foto, Carmen (iniziatrice della “seconda fase” di “Rimar …”), Luigia e Alessandra.

 

Gianfranco Domizi