Mar. Mar 19th, 2024

-La fusione degli orizzonti è la chiave dell’ermeneutica- sosteneva Hans-Georg Gadamer. Noi, de: www.lintelligente.it, seguiamo questo principio non solo a parole ma soprattutto nella pratica.

Ecco il motivo per cui la direzione de: www.lintelligente.it ha deciso di pubblicare sullo stesso numero due articoli con contenuto ideologico totalmente differente.

Mai come quest’anno il Festival di Sanremo è stato così discusso e tanto pieno di pareri contrapposti e questo ci è sembrato un buon motivo per rappresentare più linee di pensiero.

Pertanto, se qualcuno fosse interessato a leggere un parere discordante, è invitato a leggere il “pezzo” della nostra redattrice Nadia Farina nella Rubrica: Tracce (Antimo Pappadia)

La produzione di un successo, nell’ambito della musica leggera (o “pop”, che dir si voglia), esige preliminarmente la conformazione ad una regola aurea: quella del buon equilibrio fra “fattura” (struttura della canzone, arrangiamento, interpretazione, eventuale carica innovativa) e “commerciabilità” (capacità di essere ricordata, “orecchiabilità”).

Ci sono ovviamente fattori ulteriori, anche imponderabili. Se così   non fosse, produrre un successo musicale sarebbe alla portata di tutti. Ma l’equilibrio suddetto è comunque imprescindibile: per dirla dottamente, “è condizione necessaria” (anche se non “sufficiente”).

Se poi si ambisce non genericamente al successo, ma più specificamente al successo “sanremese”, sarà utile, ulteriormente, un buon grado di retorica nella musica (e in particolare nell’orchestrazione), oppure nel testo. Qualcuno è riuscito infine ad accoppiare una grande retorica delle parole a una musica e un’orchestrazione parimenti retoriche …

https://www.youtube.com/watch?v=ZwZoChejr_0 .

… ma probabilmente ha esagerato, e non a caso è una canzone che oramai si ascolta pochissimo.

Va da sé che il primo premio al Festival rappresenti una grande soddisfazione per l’artista e per il suo entourage, ma i passaggi in Radio e TV, la presenza in Rete, i concerti potranno poi confermare o disconfermare la vittoria, dando magari spazio ai semplici “piazzati”, o agli artisti finiti nelle retrovie (notissimi i casi di Zucchero e Vasco Rossi).

Pur essendo quest’ultima una realtà ben conosciuta a chiunque ami la musica, e soprattutto agli addetti ai lavori, nondimeno la Classifica Finale porta quasi sempre con sé uno strascico di polemiche. Quest’anno, però, molto più del solito.

Cercherò di dar conto della cosa, esprimendo anche un’opinione personale.

Proprio per preservare l’equilibrio fra “fattura” della canzone e “commerciabilità”, l’idea di “pesare” diversi tipi di giuria rimane, tutto sommato, la migliore …

… anche se poi, dopo il Festival, verrà sconfessata da Claudio Baglioni stesso (presumibilmente proprio a causa delle polemiche):

https://www.ilgazzettino.it/cultura/sanremo_2019_televoto_ultime_notizie-4290998.html .

Avere vari tipi di giuria è augurabile, perché il televoto “puro” enfatizzerebbe troppo il prodotto commerciale, a scapito di quello di miglior fattura, mentre, al contrario, gli esperti finirebbero per premiare il prodotto più innovativo e meglio strutturato, a detrimento del prodotto commerciale.

Insomma, sembrava che andasse tutto bene! Se andiamo a leggere i nomi dei primi 8 classificati, corrispondenti a un terzo dei partecipanti, ci accorgiamo che contengono tutti i meritevoli di vittoria, o piazzamento: 1) Mahmood; 2) Ultimo; 3) Il Volo; 4) Loredana Bertè; 5) Simone Cristicchi; 6) Daniele Silvestri; 7) Irama; 8) Arisa; o quantomeno tutti coloro che possono essere considerati meritevoli, proprio perché portatori del “mix” sopra descritto (“fattura” più “commerciabilità”).

Non solo: vi appaiono egualmente rappresentati gli alfieri delle tendenze giovanili, che strizzano l’occhio all’Hip Hop e al R’n’B (Mahmood, Ultimo, Silvestri, Irama) e i portatori di stili “storici” (il “bel canto” de Il Volo, il rock della Bertè, il cantautorato tradizionale di Cristicchi, la canzone melodica di Arisa).

Ci sono state, beninteso, esecuzioni di maggiore qualità (Ghemon e Briga, con Patty Pravo, per quanto mi riguarda); e c’è pure chi potrà trovare un’ottima audience nei Media, pur non essendo arrivato ai primi posti (presumibilmente i Boomdabash, e Federica Carta con Shade). Ma è mia convinzione che i più seri candidati alla vittoria e ai piazzamenti fossero proprio quelli che poi si sono effettivamente classificati nei primi otto posti.

Tutto bene, quindi? No! Un aforisma della cosiddetta “Legge di Murphy”, recita: Se qualcosa può andar male, lo farà.

https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Murphy .

E così è stato.

Addirittura con una quantità e virulenza di polemiche che non ha precedenti, per quanto io riesca a ricordare.

La prima possibile falla nel regolamento era costituita dalla votazione finale, ristretta solamente ai tre esecutori che risultassero in testa nelle varie classifiche delle giurie (e delle serate precedenti, “combinate” e statisticamente “pesate”).

Ristretta quindi a Ultimo, Il Volo e Mahmood.

Era abbastanza ovvio che il quarto in classifica (Berté) potesse prenderla a male.

Non lei stessa, ma sicuramente i suoi fan.

In teoria, potevano prenderla a male anche il quinto (Cristicchi), il sesto (Silvestri), il settimo (Irama) e l’ottava (Arisa).

Ma Cristicchi e Silvestri hanno comunque preso vari premi aggiuntivi, mentre Irama e Arisa non erano comunque all’altezza di coloro che li hanno preceduti.

Il problema ha riguardato pertanto soltanto Loredana, che nel concitato finale è stata supportata a lungo, in modo anche irritualmente rumoroso, dai suoi fan.

Ma a dirla tutta, la canzone, pur orecchiabile (si sente la mano di Gaetano Curreri, degli Stadio), non è irresistibile. Loredana avrebbe meritato un premio importante oltre 20 anni fa, con una canzone dalla tessitura addirittura spettacolare:

https://www.youtube.com/watch?v=QyURr_bSwFw .

In questo Sanremo 2019, tuttavia, avrebbe potuto vincere il premio per i duetti, con Irene Grandi (andato invece, incomprensibilmente, a Motta e Nada), o quello per l’interpretazione (fagocitato da Cristicchi grazie al consueto uso della retorica).

E invece niente.

Solo il quarto posto (e quindi impossibilità di accedere alla votazione finale).

Nessun premio speciale. Solo l’affetto dei suoi fan (che non è poco), e i massicci passaggi in Radio che sicuramente l’aspettano.

Ma la “Legge di Murphy” non si limita ad affermare che se una cosa può andar male, lo farà.

In uno dei suoi tanti corollari, esprime una “verità” paradossale, e nello stesso tempo irresistibile: I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedir loro di nuocere.

E questa volta la figura del cretino qualcuno l’ha fatta veramente: sono i menbri della cosiddetta “Giuria d’Onore”

Entrano in scena, nella quarta serata, quella dei duetti, e svolgono un ruolo forse ragguardevole nell’incomprensibile vittoria di Motta, con Nada.

Ma è nella serata finale che danno il peggio di sé, sovvertendo i risultati del Televoto, che davano Ultimo e Il Volo in vantaggio schiacciante su Mamhood.

Intendiamoci: il regolamento è cosa nota.

Se pertanto uno dei tre artisti fosse risultato modicamente in vantaggio nel Televoto, un altro nel voto dei Giornalisti e il terzo secondo la Giuria d’Onore, e dopo ciò fosse emerso il vincitore dalla media statistica dei voti, avremmo assistito al classico epilogo “all’italiana”, che accontenta tutti; un po’ come i politici, che riescono a dirsi vincitori, considerando a piacimento le elezioni immediatamente precedenti, o le elezioni tipologicamente analoghe (regionali con regionali, nazionali con nazionali, ecc.).

Poi arrivano i passaggi in Radio, la Rete e i Concerti, e tutto finisce in gloria. (Mi riferisco ovviamente ai cantanti! .)

Nessuno si aspettava però che la Giuria d’Onore potesse addirittura sovvertire i risultati del televoto …

… un risultato che si può ottenere solo in un modo: votando allineati e compatti per chi si vuole far vincere (Mahmood), e votando sistematicamente contro gli altri due.

(Anche i giornalisti hanno fatto qualcosa di simile, ma limitatamente ai tre “tenorini”, verso i quali, mi sembra di capire, covano un’antipatia che esonda ormai dal territorio musicale.)

Perché gli “onorevoli giurati” hanno fatto una mossa così stupida?

Come è noto, le due teorie in auge sono quella “politico-culturale” (per mandare un messaggio all’Italia e agli italiani favorevole all’immigrazione e all’integrazione), e quella addirittura “partitica” (uno sorta di “spottone” elettoralistico a favore del PD, e contro Salvini).

Non so chi abbia ragione. Possono anche esistere spiegazioni ulteriori: per esempio, una pulsione inconsciamente “buonista”, e non la volontà esplicita di “mandare un messaggio” politico-culturale. Evidenti sono però gli effetti. Almeno quattro:

  1. E’ stato strumentalizzato un prodotto, la canzone “pop”, che serve più plausibilmente per accompagnarci in automobile, farci cantare e ballare, fare da colonna sonora a un’epoca, o alla nascita di un amore ecc.; e che quando ambisce a un significato “più alto”, può più pertinentemente trovarlo nella ricerca di forme “non omologate” nel testo o nella musica.
  2.          Per dire: un verso come “Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare” è più “politico” di una ballata “sociale”,         perché disvela aspetti della realtà che vengono generalmente sottaciuti.
  3. Gli “onorevoli giurati” hanno palesato una concezione assai presuntuosa del ruolo; stiamo parlando, si noti, di “vip”, che ad eccezione del Presidente, Mauro Pagani, sono, musicalmente parlando, dei “signori nessuno”.
  4.          Stiamo parlando di Ferzan Ozpetek (noto perché sono 20 anni  che fa lo stesso film), Camila Raznovic (mah!), Claudia     Pandolfi, Elena Sofia Ricci, Beppe Severgnini, Serena   Dandini (nota perché sono 30 anni che fa la stessa trasmissione televisiva), Joe Bastianich (recente inventore di improbabili panini). Se si volesse lanciare un messaggio  politico a favore dell’immigrazione e dell’integrazione, usando la canzone e il Festival di Sanremo, affidarlo a dei “vip” è già     in partenza ridicolo e controproducente. A maggior ragione, se    si tratta di personaggi mai seriamente entrati in contatto con il  mondo della Musica. Comunque, se proprio si vuole creare un caso, bisogna avere in mano qualcosa. Ma Mahmood non è arrivato in Italia su un barcone in anni recenti. E’ nato e vive a Milano da quasi 30 anni, ed è figlio di una normalissima coppia mista. Vogliamo definirlo per questo motivo “italo-egiziano”? O vogliamo addurre, come ulteriore pretesto, le sonorità “arabeggianti” della sua canzone?   Hanno usato parimenti stilemi “arabeggianti” gli “italo-napoletani” Nino D’Angelo e Livio Cori! … e poi, i ragazzi     italiani che fanno dell’Hip Hop e del R’n’B mica li definiamo “italo-americani”. Alla lunga (nei passaggi in Radio), Mahmood avrebbe comunque probabilmente prevalso su tutti, Ultimo incluso, per la maggiore “orecchiabilità” del brano. “Usarlo” (perché di questo si tratta) l’ha fatto diventare, senza nessuna sua responsabilità, e senza nessun serio vantaggio, una specie di “raccomandato”. Insomma, mentre ad Ultimo è stata scippata la vittoria di Sanremo, a Mahmood è stata “mandata di traverso” l’opportunità di vincere con merito alla distanza. Se a tutto ciò aggiungiamo che anche i ragazzi de Il Volo       (sembrano veterani, ma sono coetanei di Ultimo e Mamhood!)       hanno avuto i loro problemi la Giuria d’Onore, e soprattutto   con i Giornalisti, dovremmo concludere che il talento giovanile (anche quello apparentemente futile ed evanescente del produrre ed eseguire musica “pop”) vada coltivato con più  attenzione. Ma riuscire a farlo significherebbe depotenziare quelle forme  di “cretinismo” che a Murphy paiono, a torto o a ragione, invincibili.  Mi auguro che entrambi i ragazzi (provenienti da quartieri problematici, rispettivamente di Roma e di Milano), sappiano   risarcirsi con un meritato successo di quello che è stato loro  scippato da un gruppetto di “esperti” (in supponenza).

Gianfranco Domizi

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